Torino, inverno 2018
Mi chiedono di buttar giù, per questo numero, il decalogo del buon granata e mi sembra tema cattivante ancorché ovvio: come quando a scuola si giocava per iscritto a ‘se io fossi preside’. Ok, ma prima di buttarlo su (non giù, quello lo si fa col decalogo del buon juventino: anche se uno, essendo juventino, non può essere pure buono), sosto un po’ di righe sulla parola decalogo. Sta per elenco di dieci cose, leggi o proposte o propositi o riflessioni ecc, si riporta storicamente a Mosè quando scese dal Monte Sinai, dopo un lungo dialogare con Dio, recando i famosi comandamenti incisi su lastre di pietra. Tre lastre di misura eguale aveva Mosè sotto il braccio quando annunciò al popolo in attesa: «Ecco a voi i quindici comandamenti».
Il decalogo, allora, scrupolosamente in dieci punti, anche se di punti ne avrei almeno quindici, come Mosè anzi come Dio
Una lastra scivolò, cadde, andò in pezzettini e Mosè, con davvero calma biblica, corresse: «Be’, ecco a voi i dieci comandamenti» (Mel Brooks ha inventato e inserito la scena in un film, non dico quale perché se troppi lo guardano si sciupa la pellicola). Il decalogo, allora, scrupolosamente in dieci punti, anche se di punti ne avrei almeno quindici, come Mosè anzi come Dio.
- Sono un buon granata se preferisco una sconfitta della Juventus a una vittoria del Torino. È dura, si sa, ma è possibile e dopo non si sta male, anzi.
- Sono un buon granata se, di fronte a sventure anche grosse, comunque e quantunque e dovunque riesco sempre a vivere il dogma per cui ‘tutto è meglio che essere juventino’.
- Sono un buon granata se riesco a non sognare la Coppa dei Campioni e sto bene lo stesso, anzi sto meglio di altri.
- Sono un buon granata se ho alcuni dei miei migliori amici che tifano Juve o addirittura che nella Juve sono stati giocatori o dirigenti: posso sempre sperare di convertirli e diventare così, in tal caso, il più grande missionario nella storia tutta del mondo.
- Sono un buon granata se vado ogni tanto a Superga da solo, o con parenti stretti e amici cari, senza aspettare l’ordinanza del 4 maggio.
- Sono un buon granata se ho 83 anni passati e ho visto (e ricordo) tutte le partite dopoguerra del Grande Torino al Filadelfia, grazie a un contratto con papà: mai un’assenza e sempre bravo a scuola, mai un’assenza al Fila.
- Sono un buon granata se non avverto il fascino del potere, dei soldi, dei successi. In assoluto, si capisce, anche perché nel relativo del calcio è facile, visto che il Toro allena bene i suoi tifosi a frequentare certe carenze, a praticare certi digiuni.
- Sono un buon granata se riesco a patire gli sgarbi arbitrali senza pensare a una congiura, e al tempo stesso senza pensare al fato che insiste a colpire il Toro anche dopo Superga e dopo… (metta qui il lettore i nomi di certi arbitri, specie derbystici, che lui sa).
- Sono un buon granata se vedo il derby con Chiambretti, Culicchia e Gramellini, e grazie alla mia maggiore esperienza (vecchiaia, insomma) so già prima che ce lo porteranno via in maniera sbilenca, e però a loro non lo dico.
- Sono un buon granata se non credo di essere intelligente, forte, ricco, biondo, magro, insomma padrone del mondo se la mia squadra di calcio vince tutto.
PS. Mosè era a quota 15, io mi accontento di un 10 bis, questo: sono un buon granata perché dicono tutti che sono stato un onesto giornalista sportivo e intanto tengo la rubrica del tifo granata su Torino Magazine.