Home > Food > Percorsi Gourmet > Viaggio nel mondo dell’izakaya, con Donburi House
SAPETE CHE COS'È L'IZAKAYA? È UN LOCALE. NO È MOLTO DI PIÙ: È UN TRATTO DELLA CULTURA GIAPPONESE; UN FILAMENTO DEL DNA NIPPONICO CHE DONBURI HOUSE HA PORTATO IN ITALIA ATTRAVERSO UN NUOVO FORMAT DI RISTORAZIONE SUPER INTERESSANTE. VE LO RACCONTIAMO
Hirayama quando finisce il suo lavoro ai bagni pubblici di Shibuya, si gode un bicchiere di shochu al solito izakaya, legge un libro di seconda mano sul suo futon e poi si addormenta. Arisu nei suoi ricordi felici è seduto affianco a due amici, al bancone di un locale in cui progettano il loro riscatto sociale, ridendo delle sfortune, e mettendo in tavola i propri sogni. Jiraiya e Tsunade, uno di fronte all’altra, sul tavolo piatti vuoti e un avanzo di yakitori, insieme a un passato nostalgico e a un presente colmo di responsabilità. Perfect Days, Alice in Borderland, Naruto… L’importanza del cibo, e in particolare del concetto di izakaya, ci viene raccontata in maniera evidente da alcune delle principali forme espressive nipponiche: anime, manga, cinema. Questo perché l’izakaya è molto più di un locale: è un tratto del DNA del Giappone.
Ma facciamo un passo indietro: cosa significa izakaya? Partiamo dunque dal termine in sé, che una volta scomposto ci racconta del suo significato: i (sedersi), saka (bevanda alcolica), ya (negozio). Quindi, letteralmente, quel negozio/locale in cui ci si siede per bere. In realtà il predecessore dell’izakaya era il tachinomiya, altro termine composto (tachi fa riferimento allo stare in piedi e nomi al gesto del bere) che ci illustra un format di locale in cui si beve stando però in piedi.
In quest’ottica troviamo grandi somiglianze con il rito dei pub inglesi, luoghi in cui, una volta terminato il lavoro, si va a bere con amici e colleghi, stando appunto in piedi. Nel linguaggio quotidiano i locali di izakaya che non appartengono alle grandi catene (sempre più diffuse) vengono chiamati akachōchin, in richiamo alle lanterne rosse che campeggiano all’esterno del locale stesso, e che rappresentano una delle caratteristiche tipiche degli izakaya. Peculiarità a cui dobbiamo sicuramente aggiungere le tendine noren e i classicissimi banconi con sgabelli spesso affacciati sui cuochi intenti a preparare le portate.
Ma ovviamente uno dei maggiori protagonisti della cultura food nipponica è sua maestà il ramenEcco, cosa si mangia in un izakaya? In realtà esistono varie tipologie di izakaya, che si differenziano spesso anche dalla scelta dell’offerta culinaria. Per esempio gli Yakitori-ya si caratterizzano per i già citati yakitori, ovvero i tipici spiedini giapponesi. Oppure i Robatayaki, che hanno al loro interno uno spazio in cui gli chef grigliano frutti di mare e verdure di fronte ai clienti. O ancora gli Odenya, delle bancarelle in stile street food, che servono principalmente oden, una zuppa calda super tipica del Giappone.
Ma ovviamente uno dei maggiori protagonisti della cultura food nipponica è sua maestà il ramen: una ciotola di noodles in brodo, la cui particolarità sta proprio nel brodo che ha una preparazione laboriosa e una cottura lunghissima, e nei topping che completano il piatto (spesso in modo molto colorato) e che hanno contribuito a rendere il ramen uno dei piatti simbolo del Paese.
Cosa si beve negli izakaya? Principalmente birra e sakè (a cui dedicheremo più avanti un box ad hoc), bevande che i giapponesi adorano, e con cui capita che esagerino… L’izakaya d’altronde è anche il luogo della “distensione” e di una certa libertà (termine che dobbiamo pesare con grande attenzione in quanto la nostra cultura e quella nipponica sono comunque molto diverse), e spesso il gesto del bere diventa un vero e proprio rito. Tradizione vuole che, concluso il turno di lavoro, i colleghi si rechino in un izakaya per mangiare e bere insieme.
Così l’izakaya diventa occasione per conoscersi, socializzare, raccontarsi. Spesso è il senpai (ovvero il maestro, o capo dell’ufficio) che offre ai più giovani, e in generale i “veterani” sono chiamati a spiegare ai novellini, attraverso storie e insegnamenti, come funzionano lavoro e vita. All’interno del percorso di crescita di un giovane giapponese l’izakaya diventa dunque un momento fondamentale di formazione e ingresso in società.
Poi chiaramente c’è anche spazio per divertimento, lamentele della giornata lavorativa e altro. Vista così, oltre che con i pub britannici, viene spontaneo anche il paragone con le nostre osterie di un tempo, ma vi è una differenza fondamentale: gli izakaya sono un fenomeno che in Giappone non è solo di moda, ma in crescita. Specie per l’aumento della popolazione di donne indipendenti, studenti che vivono da soli e per un certo stress lavorativo cui molti lavoratori sono costretti.
Per chi è affascinato dalle usanze del Sol Levante (e anche delle sue, per noi, stravaganze), gli izakaya sono più che un locale, in quanto veri e propri spaccati di una cultura vastissima e interessantissima. E chi segue in modo aggiornato le serie animate made in Giappone non potrà che pensare a quanto, per esempio in Chainsaw Man (citando un prodotto recentissimo), le tavole degli izakaya siano autentici spartiacque di rapporti, amicizie, amori. Proprio per valorizzare questa fascinazione, e sfruttando un know-how profondo, è nata l’idea di Donburi House, uno dei primi (e real) locali in stile izakaya d’Italia, oggi presente a Torino e ad Aosta.
Noi abbiamo incontrato Max Chiesa, creatore di questo progetto, per farci raccontare dietro le quinte e sviluppi alla base di questa particolare avventura.
Partiamo dall’inizio: come nasce l’idea di Donburi House?
«L’idea iniziale era quella di portare il format dell’izakaya qui da noi. E quindi un locale molto informale, in cui mangiare sì, ma soprattutto in cui conoscersi, stare vicini, sentirsi a casa».
Una formula un po’ diversa da quella a cui siamo abituati?
«In parte sì, l’izakaya è molto importante per la società giapponese: è il luogo della socialità, in cui ci si ritrova dopo lavoro, e in cui si va anche da soli per fare due chiacchiere con il nostro vicino di bancone».
Si creano legami insomma?
«La cultura giapponese è meno espansiva della nostra, c’è più “distanza”, meno contatto… L’izakaya è il posto che avvicina le persone, anche fisicamente, perché questi locali sono spesso piccoli».
Il primo Donburi House quando e dove nasce?
«A gennaio 2020, in via Maria Vittoria a Torino, dove si trova tuttora».
In un momento non semplicissimo…
«Per nulla. Infatti all’inizio grande focus era sul delivery e il ramen non era protagonista assoluto. La svolta è invece poi avvenuta quando il ramen è diventato il principale attore di Donburi. Siamo andati un po’ in controtendenza (come spesso ci capita), e abbiamo fortemente creduto in un format di locale che unisce e mette a proprio agio».
All’inizio infatti il piatto principale di Donburi House era, e non è difficile intuirlo, il donburi, poi sostituito dal ramen (di cui abbiamo già parlato) che oltre a essere un piatto cult della cultura nipponica, è anche un vero e proprio trend per noi italiani. In base a cosa lo diciamo? Semplice, guardando i dati: negli ultimi 20 anni di ricerche su Google, il termine ramen (e quindi ricette, storie, video tutorial…) è passato da essere praticamente sconosciuto a uno dei più ricercati dagli italiani.
Un’evidenza che riassume perfettamente la sempre maggiore influenza che il mondo nippo-asiatico esercita su noi italiani. Quella per il Giappone è ormai una vera e propria passione, che passa soprattutto per una cultura pop (cinema, anime, manga) sempre più rilevante nel nostro Paese; e non a caso siamo partiti proprio da lì per il nostro viaggio nel mondo dell’izakaya.
Quanto è importante questo “fascino” nella storia di Donburi House?
«Credo che per troppo tempo la cucina giapponese sia stata per gli italiani solo sushi; mentre invece un po’ alla volta sta venendo fuori la profondità di questo mondo. Grazie anche a una curiosità che è sicuramente legata alla voglia di scoprire il Giappone a 360°».
Però da voi si mangia soprattutto ramen…
«I giapponesi nella loro cultura sono molto “specialisti”. Individuano ciò che sanno fare bene e continuano a perfezionarsi. Gli stessi izakaya sono specializzati in qualcosa, e anzi cambiano perfino nome in base alla specializzazione».
Perché il ramen?
«Intanto perché io lo adoro. E poi fa subito casa… è veramente un piatto speciale, conviviale, quasi spirituale. Noi oggi ne proponiamo cinque versioni, in un menù che aggiorniamo ciclicamente».
Le persone come hanno accolto la “novità”?
«Con tanta curiosità, ed entusiasmo. Devo dire che nel giro di un anno c’è stata una crescita veramente importante, e soprattutto costante. Di tanti clienti affezionati e anche di tanti concorrenti. Abbiamo aperto un “campionato” e ora c’è da essere bravi».
Tutti inizieranno a fare ramen?
«Tutti non credo, ma tanti sì. È un fenomeno in forte crescita e apriranno molte attività di questo tipo. A noi va benissimo, anzi, più cultura si fa sul tema, più siamo felici. L’importante è tenere alta la qualità, rispettando l’izakaya, senza rovinare un modo di pensare la ristorazione veramente unico».
Il secondo Donburi House ha aperto a breve distanza dal primo, ad Aosta, a dicembre 2021, con caratteristiche praticamente uguali al primo, inaugurando un progetto di franchising/catena con l’obiettivo di raccontare anche fuori Torino il mondo dell’izakaya. Un universo che a novembre 2023 si è ulteriormente allargato con un altro Donburi House, nuovamente in città, in via Stampatori 12.
Ogni apertura è un successo fin da subito, perché?
«Perché facciamo le cose bene. Perché ogni anno andiamo in Giappone per restare “aggiornati”. Perché pur allargandoci manteniamo tutto centralizzato: dalle produzioni al design è tutto deciso dal board che ha creato Donburi House».
Siete mai scesi a compromessi per accontentare il pubblico italiano?
«No, e in realtà credo sia una delle scelte vincenti. I clienti vogliono autenticità. Il periodo del “fusion” è finito. Donburi House è affascinante perché autentico, e stimolante perché nuovo».
Adesso qual è il sogno?
«Ovviamente continuare a crescere. E poi arrivare a far parlare di ramen, yakitori, izakaya… quando si tratta di cucina giapponese, e non solo di sushi. Siamo un po’ ambasciatori del patrimonio culturale ed emotivo che questi termini rappresentano».
Il progetto “pratico” invece?
«Quello è già in cantiere, e prevede prossimamente quattro nuove aperture tra Rivoli, Cuneo, Torino e Milano».
Donburi House è una case history interessante, perché prima di essere un piccolo universo di ristorazione in espansione, è uno specchio su una cultura, quella dell’izakaya, allo stesso tempo affascinante e un po’ lontana. Una storia di studio, scommesse vinte e intuizioni che collega Torino al Giappone; e che ci racconta di quanto le persone oggi cerchino ottime proposte food, ma soprattutto idee nuove e curiose.
(foto DONBURI HOUSE)