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Torino, autunno 2018
Siamo nel pieno, in questo autunno a lungo travestito da menzogna primaverile, del Primo Anno Bianconero nel nome, nel segno e nella speranza di Cristiano Ronaldo e delle sue meraviglie, dei suoi gol, dei suoi pianti (per l’ingiusta espulsione nella prima giornata di Champions League, a Valencia) e del suo rapporto con Torino. E ritorna, così, una voglia d’estate. Di quando l’ipotesi CR7 è diventata, via via, probabile e poi concreta, sino alla firma. Perché niente è più intrigante, bello e spesso illusorio del mercato estivo, in quella baraonda di tutti i sogni possibili e impossibili. Di quando, alla fine, arriva il tuo giocatore preferito. Come accadde a me nell’estate del 1968: quando la Juventus, superando sul filo di lana l’Inter, acquistò dal Varese il giovane attaccante Pietro Anastasi, da subito il mio idolo, sempre e per sempre. Il centravanti dalla rovesciata proletaria. Ricordo quando Giampiero Boniperti fece di tutto per portare in bianconero Gigi Riva, il breriano ‘Rombo di Tuono’, protagonista assoluto dello scudetto cagliaritano del 1970, il bomber dal sinistro folgorante. Boniperti offrì sette giocatori, tra prestiti e cessioni definitive, più due miliardi di lire.
L'autunno premia o boccia il mercato estivo. Ricordo, ad esempio, il passaggio breve e sfortunato del gallese Ian Rush in bianconero: divo al Liverpool, uno dei tanti nel nostro esigente torneo. L'acquisto desiderato e non arrivato? Uno solo. Diego Armando Maradona
Ma Giggirriva disse di no: che mai avrebbe lasciato la Sardegna, diventata il suo luogo sentimentale ed esistenziale. Nemmeno per la Vecchia Signora. Mio figlio Santiago tifa Casteddu anche per il mito di Riva, per questo giocatore che continua a dare vita a infinite, nostalgiche e struggenti ballate popolari. Pelé venne a lungo corteggiato dagli Agnelli, Hurrà Juventus, il mensile della società, lo mise persino in copertina, la Perla Nera era pronta a dire sì, ma a Santos minacciarono la rivoluzione: così il fuoriclasse senza tempo e senza età decise di restare in Brasile, per poi, al crepuscolo di una carriera abbagliante, cedere alle lusinghe del soccer statunitense, vestendo la maglia dei Cosmos di New York. E l’estate del 1982, come dimenticarla? In Spagna, al Mundial, Bearzot e i suoi prodi (con tanti juventini, da Zoff a Cabrini, da Gentile all’indimenticabile Scirea, da Tardelli a Pablito Rossi, il giustiziere del mio Brasile) scrissero la pagina più bella e intensa del nostro calcio, trasformando la cronaca in epica. Io ero giovane inviato del quotidiano Tuttosport, su quegli spalti, in una tribuna stampa che schierava quattro fuoriclasse della letteratura: Giovanni Arpino, Gianni Brera, Mario Soldati, Oreste del Buono. Era possibile, da quella stagione, acquistare due stranieri.
Madama rinunciò all’irlandese Liam Brady (due campionati, due scudetti, un ’10’ nobile e silenzioso) per prendere il polacco Zibì Boniek e il francese, di origini novaresi, Michel Platini, maestro nei colpi d’autore e nell’ironia. E un’altra calda estate, quella del ’90 e delle Notti Magiche? Del Mondiale a casa nostra, vinto dalla Germania sull’Argentina di Maradona per 1-0 (rigore un po’ così di Brehme), con l’Italia dei ragazzi di Azeglio Vicini terza davanti all’Inghilterra? Il fantasista di quella squadra è Roberto Baggio. Poco tempo prima dell’inizio della manifestazione, la Juventus annuncia il suo arrivo a Torino dalla Fiorentina. Apriti cielo! Firenze si ribella duramente, gli allenamenti a Coverciano degli azzurri si svolgono, nella maggior parte dei casi, a porte chiuse. Ma il Divin Codino è bianconero, punto e basta. Solo questo conta. Il calcio è anche la Fiera dei Sogni. Di tante Illusioni, di qualche (rara) utopia realizzata. L’autunno premia o boccia il mercato estivo. Ricordo, ad esempio, il passaggio breve e sfortunato del gallese Ian Rush in bianconero: divo al Liverpool, uno dei tanti nel nostro esigente torneo. L’acquisto desiderato e non arrivato? Uno solo. Diego Armando Maradona, il Borges della pelota. Ma complimenti al Napoli per il colpo del Novecento. CR7 è quello del Duemila. In attesa di un’altra estate. Di caldo, sole e pallone.