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Torino, inverno 2019
In questi giorni novembrini Torino è agitata dal caso del monopattino elettrico. Il comandante dei Vigili si dimette, poi rientra, un assessore restituisce la delega. Il problema è a monte, anzi a valle, a Roma, nella legge nazionale che dovrebbe chiarire la funzione, tra motociclo e ‘acceleratore di velocità’. Il caso resta aperto. Ma è anche l’occasione per ripensare le condizioni della mobilità rispetto alla vocazione torinese di città dell’innovazione. Guida autonoma. Torino laboratorio di sperimentazione. Giusta strategia, perché qui operano aziende leader nel settore: ma è un orizzonte lontano, al quale si arriverà per aggiornamenti progressivi. Da architetto, vedo una rivoluzione urbana che riguarderà solo città e quartieri nuovi, disegnati senza parcheggi nelle strade liberate. Penso che nelle città storicizzate come Torino cambierà poco.
Da architetto, vedo una rivoluzione urbana che riguarderà solo città e quartieri nuovi, disegnati senza parcheggi nelle strade liberate. Penso che nelle città storicizzate come Torino cambierà poco
Forse solo marciapiedi ridisegnati, larghi e verdi, strade più tranquille, percorse da bolle biposto trasparenti e silenziose. Inquinamento. La risposta è la propulsione elettrica: io non credo nell’elettrico puro, ‘just plug in’, che ho sperimentato prima di tutti, avendo da dieci anni la prima auto elettrica ‘smart’. Credo invece nell’ibrido, che eviterà di occupare le città con colonie di colonnine, viste come unico totem salvifico dell’innovazione. Lettura distorta della realtà che vede una produzione elettrica in gran parte di origine non green. Meglio un’auto ibrida, seppur un po’ più complessa, che nello stop/go urbano attiva il sistema elettrico con la preziosissima ricarica di decelerazione e, fuori città, adotta la propulsione half green di un motore downsized ad alta efficienza, a benzina o metano. ZTL. Il vero problema è il traffico. Introdurre limitazioni alla circolazione è la strategia delle smart cities. Ovviamente compensata da altre misure: nulla da inventare, si guardino le città già avanti nel processo. La principale è l’accesso a pagamento, con tariffe progressive: la libertà di circolare è salva, con ‘spinta’ a passare a mezzi non inquinanti con tariffa minore o ingresso gratuito. Strisce gialle. A Milano, i residenti del centro sono tutelati nel loro positivo ‘abitare’ la città storica. Per evitare la desertificazione stile zombitown dei centri, che soccombono al proliferare di RB&B, flagship store, uffici, la politica interviene con una generosa disponibilità di posti auto riservati a chi queste vie le abita davvero, e con l’estensione nella serata e nei weekend del pagamento delle strisce blu. A Torino invece nulla. Come in un villaggione anni ’50, i parcheggi del centro barocco sono preda delle masse domenicali che colgono il raro privilegio di poter inchiodare gratis le proprie Euro 0 le sere e le domeniche. Monopattino.
Ovviamente a batteria, pieghevole e leggero, high tech, anche il monoruota che sta nello zaino, sono mezzi di mobilità accelerata grazie ai quali i cittadini possono muoversi rapidamente da un punto all’altro della città in modalità light, con leggerezza. Penso che questi micro mezzi siano molto più adatti alla mobilità alternativa nelle aree pedonali e nei centri storici rispetto alla bici, più ingombrante e pericolosa per il pedone e più adatta alle lunghe, rettilinee piste ciclabili riservate nelle periferie: visitare Rotterdam o Hamburg per capire. Il punto cruciale è la mobilità elettrica. La pedalata naturale produce trasgressione per definizione: un ciclista che raggiunge i suoi 15 km/h non rispetta il semaforo rosso, o le strisce pedonali, perché non vuole perdere l’andatura acquisita. Lo stop and go dei centri storici non piace al pedale tradizionale: solo la spinta elettrica può garantire il rispetto delle regole. In ogni caso si dovranno adottare sistemi di individuazione della persona per sanzionare i comportamentiscorretti. Targa o chip, un qualche sistema avanzato di riconoscibilità individuale è necessario: a Torino, come in ogni città, si sta perdendo il controllo della multimobilità. Negli anni passati l’antropologia urbana registrava la protesta quasi culturale del movimento a due ruote contro le auto: avrebbe potuto portare un riequilibrio, che ancora non si è trovato. Invece oggi cresce la ribellione del pedone contro la pressione delle due ruote nelle aree pedonali e sui marciapiedi. Con cristallino menefreghismo degli incaricati del contratto sociale.