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Una mamma a Torino

di Sara D'Amario

Soffi

Torino, Primavera 2022

Karate di domenica mattina. Attraverso Torino per portare mia figlia a uno stage regionale. Guido lentamente, non c’è traffico, la città è silenziosa: corso Massimo D’Azeglio, il palazzo della Facoltà di Architettura, le cime degli alberi del Valentino che ondeggiano lentamente. «A cosa pensi, mamma?». «Ai soffi». «Soffi?». «Sono tanti, diversi. Quello leggero che muove le foglie, quello che esce dai nostri polmoni e fa vibrare le corde vocali, quello che…». «Ah, ho capito, non ti rassegni al fatto che io riesca a produrre questo suono e tu no!», e la mia bambina, magicamente, fa uscire dalla sua bocca a cuore un suono metallico da film dell’orrore. Da sempre giochiamo con i suoni, ci sfidiamo, ce li passiamo, li confrontiamo, li proviamo, li cerchiamo, ridiamo quando sono strampalati o cacofonici o ridicoli o sorprendenti o spaventosi, come questo, che resta ancora un suo “segreto”. «A me piace quando si spengono le candeline in un soffio, mamma». «Anche a me, significa che si fa festa!». «Vuole anche dire che saltiamo un anno rapidamente, in un attimo, in un soffio». Il soffio come indicazione di tempo. Ogni anno, un soffio sul piccolo fuoco gioioso delle candeline segna il tempo che passa, un soffio vitale, visto che stiamo soffiando o siamo invitati a sentire quel rumore leggero e leggiadro, pfffffff, uscire dalle labbra di qualcuno a cui auguriamo mille di questi soffi.

«E il vento ti piace, mamma?». «Dipende da quanto è forte». In queste ultime settimane un vento leggero ha allontanato qualche timore sanitario, ma una corrente, un rombo forte da est ha scatenato nuove paure

«Il soffio divino che dà la vita, quella vita che poi si spegne in un soffio…», dico… in un soffio. «Sei distratta, mamma?». «No, perché?». «Hihihi… hai sbagliato strada». Correggo la rotta, taglio passando per il quartiere Vanchiglia. «Mi vengono in mente la casa di paglia e quella di legno dei tre porcellini: giù con un soffio; i castelli di carte e poi basta un soffio e crolla tutto… E c’è anche il soffio al cuore!», esclama la mia cucciola. Imbocco corso Tortona, supero la Dora: la primavera trattiene il fiato, ma ancora per poco. «E il vento ti piace, mamma?». «Dipende da quanto è forte». In queste ultime settimane un vento leggero ha allontanato qualche timore sanitario, tempi in cui qualunque soffio poteva diventare pericoloso per gli altri… ma una corrente, un rombo forte da est ha scatenato nuove paure: infatti non è mai un soffio di guerra, ma un vento. Arriviamo nel centro polisportivo di corso Vercelli. La mia bambina annoda bene la sua cintura verde-blu e va sul tatami. Matteo Brianti, maestro di karate e di kobudō, straordinario atleta e insegnante, inizia il kata: ogni suo gesto è fulmineo, un soffio che risuona anche nel tessuto del suo karategi, frrrrrrt. Mia figlia è concentrata: con i suoi occhi voraci, attenti, segue i gesti del suo maestro. Respiro lentamente. Sorrido. I miei pensieri gravi sono come polvere su cui soffia ogni movimento della mia bambina, per lasciare la vita scorrere. Un futuro c’è.