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Torino, 10 maggio 2020
Ai tempi miei in Sicilia viaggiavamo in carrozza o a cavallo e ciò donava una certa dignità ai viaggiatori. Io non mi fido del monopattino. Lo trovo debole, insicuro e un po’ stupidotto nelle sue pretese di prestazioni cui non può accedere. È un simbolo di questa finta modernità fatta di niente. Non mi fido neppure di quelli che vanno in monopattino perché non ci sanno andare, non rispettano nessuna legge e si sentono ecologici per principio.
Piovono monopattini un po' ovunque, ma io amo i tram: una bassa media di incidenti, ecologici e affascinanti nel loro sferragliare sulle rotaie di Piazza Vittorio
Non mi fiderei a farmi operare da un cardiochirurgo che va in monopattino e neppure mi farei difendere da un avvocato che arriva trullo da sotto i portici e mi molla il mezzo sul portone di casa, togliendosi il casco come fosse l’elmo di ritorno dalle crociate. Eppure tutti parlano dei monopattini, piovono monopattini un po’ ovunque, mi giro e ce ne sono quattro in fila, mi volto dall’altra ed eccone una paio sdraiati, attraverso la strada e ce ne sono appoggiati ai portici, dietro l’edicola, in un dehor.
E il mio tram? Perché nessuno parla dei tram? Ha la media d’incidenti più bassa al mondo, non inquina, affascina i turisti di tutto il globo ed io lo amo quando, sferragliando, taglia la nostra Piazza Vittorio da un lato all’altro. Rosso, verde, giallo, arancione: lo trovo bellissimo sia antico che moderno. Invece no, dovremo andare tutti in monopattino, bambini, adulti, anziani, tutti sui monopattini in un’unica grande accozzaglia di ossa e rottami sul selciato.
È un incubo, lo sento, è la congiura dei monopattini.