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Torino, inverno 2021
«Basta un’ora nella notte a trasportarci ancora leggeri e…».
Di nuovo?!? Da mesi mi capita di svegliarmi nel bel mezzo di un sogno in cui qualcuno mi sta rivelando qualcosa!
Questa volta, oltretutto, il messaggero non è una persona, ma un animale… E non uno qualunque, è un animale mitologico: uno splendido drago, mio animale totem e mio unico, segreto, tatuaggio.
Cerco un appiglio razionale. Ho cambiato alimentazione? No. Materasso o cuscino? No. Stessa vita frenetica di sempre? Sì. Zero droga e zero alcol? Zero droga di sicuro e alcol così poco e raramente da essere un dato trascurabile.
Da dove salta fuori un drago?
E cosa significa quel messaggio così ambiguo?
Un’ora della notte è sufficiente a trasportare chi? E dove?
Perché di notte?
C’è un doppio senso? Triplo?
Di quale tipo di leggerezza si tratta?
E cos’altro potremmo avere, oltre alla leggerezza?
Allora, da dove salta fuori un drago? E cosa significa quel messaggio così ambiguo?
Un’ora della notte è sufficiente a trasportare chi? E dove? A che ora? Perché di notte? C’è un doppio senso? Triplo? Di quale tipo di leggerezza si tratta? E cos’altro potremmo avere, oltre alla leggerezza?
Mi scoppia la testa.
«Mamma, sei pensierosa?», nota mia figlia mentre percorriamo corso Moncalieri per andare a scuola.
Come dirle che rimugino su un drago portatore di messaggi sibillini o magari ammiccanti a un erotismo non meglio specificato? Scelgo di essere elusiva e rispondo con una domanda.
«Qual è il tuo animale preferito, amore?».
«Il cavalluccio marino, perché?».
«Sogni mai dei cavallucci marini?».
«Forse mi è successo una volta… dopo aver visto la foto di quell’ippocampo che aveva un cotton fioc impigliato nella coda».
Rifletto. Ho visto immagini o ho letto qualcosa su draghi o simili? Macché, ho solo studiato per il nuovo spettacolo sulla Resistenza appena presentato al Polo del ’900 e nessuna vicenda o nome di battaglia di partigiane o partigiani poteva suggerirmi un sogno simile.
«E invece qual è il tuo animale preferito, oltre al gatto, mamma?».
«Il drago», rispondo, senza la minima esitazione.
Mia figlia mi guarda con un sorriso.
«Stai ragionando su un nuovo romanzo fantasy, mammina?».
Improvvisamente nasce dentro di me un racconto, continuo a guidare ma non vedo più automobili, semafori, gli alberi, il Po, apparentemente calmo e sinuoso… vedo un enorme, gioioso dragone che traina una magnifica slitta a forma di arachide, carica di doni! Non ci sono oggetti, pacchi e pacchettini, i doni sono parole scintillanti e profumate: devono essere distribuite, offerte, una per persona, senza fiocchi, senza fronzoli.
Le “parole regalo” sfilano davanti ai miei occhi: coccole, comprensione, salute, sorriso, luce, pace, sincerità, sguardi, abbracci, calma, condivisione, unione, intimità… E poi la parola da donare a tutti, indistintamente: tempo.
Sull’arachide ci sono due figure, una è adulta e sembra un po’ la befana: mi scappa da ridere, sono io! L’altra è la mia bambina, che come un’abile cocchiera fa sfrecciare il drago tra le stelle sopra i tetti di Torino. Dietro di noi, una scia luminosa di parole che creano una scritta:
Basta Un’Ora Nella Notte A Trasportarci Ancora Leggeri E…