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Tra le pieghe della storia

di Gianni Oliva

Paganini non ripete!

Torino, Inverno 2022

Tutti sanno che cosa significhi: «Paganini non ripete» è un’espressione usata, in modo scherzoso, da chi non vuole ripetere una frase o un concetto appena espressi. Pochissimi sanno, invece, che il modo di dire è nato a Torino, in piena età della Restaurazione. Il 18 febbraio 1818 si esibisce infatti al Teatro Carignano Niccolò Paganini, nella seconda serata di concerti prevista nella capitale del regno sabaudo: una terza è programmata il 20, poi sarà la volta di Vercelli e di Alessandria. Il maestro è nel pieno della sua attività artistica: violinista talentuoso e innovatore, è già riconosciuto come uno dei più grandi suonatori di violino della storia. Seduto nel palco reale vi è il duca del Genevese Carlo Felice, fratello minore del re di Sardegna Vittorio Emanuele I, destinato a succedergli sul trono pochi anni dopo. Appassionato di musica, il duca si entusiasma al concerto e chiede al maestro di ripetere un brano, le “variazioni della seconda Accademia”. Paganini non vuole però concedere il bis, perché durante le esibizioni spesso improvvisa ed è difficile ripetere: anziché ripresentarsi sul palcoscenico, fa rispondere testualmente al duca: «Paganini non ripete». La risposta perentoria è in sintonia con il personaggio: alto, allampanato, sempre vestito di nero, affetto da una malattia nervosa che lo rende irascibile e irrequieto, il violinista è una figura inquietante, che suggerisce agli spettatori l’idea di uno scheletro in frac, con il violino incastrato sotto la mascella. Attorno a lui si sviluppano leggende improbabili, ma significative dell’impatto sull’immaginario collettivo: una racconta di lui come di un assassino seriale che ricava le corde del violino dalle viscere delle sue vittime; un’altra parla di un patto con satana da cui avrebbe ricevuto il talento; un’altra ancora della capacità di fare un concerto con un’unica corda, quella del sol.

«Paganini non ripete» è un’espressione usata, in modo scherzoso, da chi non vuole ripetere una frase o un concetto appena espressi. Pochissimi sanno, invece, che il modo di dire è nato a Torino, in piena età della Restaurazione

Tutti concordano nel considerarlo un genio, ma anche un eretico. Carlo Felice conosce il personaggio (suddito del regno, perché nato nel 1782 a Genova) e le sue bizzarrie, ma non gradisce il rifiuto: siamo nel periodo della Restaurazione postnapoleonica, quando le teste coronate d’Europa cercano di portare indietro le lancette della storia e riproporre regole e modelli dell’assolutismo. Per rappresaglia regia, Paganini viene bandito dai teatri sabaudi: il governatore di Torino annulla la terza serata, quelli di Vercelli e di Alessandria lo imitano. «La mia costellazione in questo cielo è contraria – scrive il maestro il 25 febbraio successivo – Per non aver replicato a richiesta del duca del Genevese, il signor Governatore ha creduto bene di sospendermi». Qualche giorno dopo aggiunge: «In questo regno, il mio violino spero di non farlo più sentire». In effetti, Paganini si esibirà in tutti gli altri stati preunitari, sarà acclamato nei maggiori teatri d’Europa (a Vienna, Parigi, Londra), ma tornerà a Torino solo nel 1836, chiamato dal nuovo re Carlo Alberto. A dispetto delle assenze, la frase che lo ha fatto entrare nel linguaggio comune è invece legata proprio alla nostra città e al rifiuto del bis del 1818.