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Città di carta

di Giulio Biino

Carlo Levi e Piero Gobetti

Torino, estate 2021

Loro sono una coppia straordinaria, due monumenti che sotto il cielo di Torino non sono soltanto nati, ma  sotto quel cielo hanno sognato, progettato, costruito. Due uomini che per la libertà hanno lottato e si sono sacrificati, una libertà non dissimile da quella che oggi stiamo faticosamente riconquistando dopo le restrizioni che ci ha imposto l’emergenza sanitaria.

Piero Gobetti nasce il 19 giugno 1901, Carlo Levi il 29 novembre 1902. Piero studia al Gioberti, Carlo all’Alfieri, ed è per questo che le loro vite si intrecciano soltanto più tardi, quando entrambi frequentano l’università. Le loro comuni conoscenze non tardano a farli incontrare, e da lì a scoprirsi amici è un attimo… Un’amicizia che dura poco più di un respiro: Piero se ne va il 15 febbraio del 1926 a Neuilly-Sur-Seine, portato via da una bronchite che aveva gravemente esacerbato i suoi scompensi cardiaci aggravati dalle violenze subite dalle squadracce fasciste (il 1º giugno del 1924 Mussolini aveva così telegrafato al prefetto di Torino, Enrico Palmieri: «Mi si riferisce che noto Gobetti sia stato recentemente a Parigi e che oggi sia in Sicilia. Prego informarmi e vigilare per rendere nuovamente difficile vita questo insulso oppositore di governo e fascismo»).

Sotto il cielo di Torino Piero Gobetti e Carlo Levi hanno sognato, progettato, costruito.

Due uomini che per la libertà hanno lottato e si sono sacrificati.

Scoprirsi amici è stato un attimo

Anche Carlo si scontra con il regime e il 15 marzo 1935 viene arrestato e condannato al confino, che sconterà nel piccolo centro di Aliano, in provincia di Matera. Ed è proprio quest’esperienza che lo porterà a scrivere il suo romanzo più famoso, Cristo si è fermato a Eboli, che uscirà nel 1945 pubblicato da Einaudi, la casa editrice fondata da Giulio, figlio di quel Luigi che nel 1948 diventerà Presidente della Repubblica, che entrambi avevano conosciuto e frequentato e di cui Piero era anche stato allievo all’università.

Ma non vi è alcun dubbio che, se la morte non se lo fosse portato via prematuramente, quel libro straordinario l’avrebbe pubblicato Piero per i tipi della casa editrice che lui stesso aveva fondato nell’aprile del 1923, la Piero Gobetti editore, che darà alle stampe, in poco più di due anni, oltre cento titoli. In questa veste Gobetti è il primo a pubblicare i libri di Luigi Einaudi ed è lui a pubblicare, nel 1925, la prima edizione di Ossi di Seppia, forse la più famosa raccolta di poesie di Eugenio Montale. I libri editi da Gobetti furono in molti casi dati alle fiamme o comunque distrutti sotto il fascismo e, per questo motivo, sono per lo più introvabili. Tutti i suoi libri riportano in copertina un motto liberale, scritto in greco antico, in modo circolare, che recita testualmente: «Cosa ho a che fare io con gli schiavi?».

E proprio questo denunciava Carlo nel suo capolavoro: le condizioni di vita disumane della popolazione contadina, quasi ridotta in schiavitù e dimenticata dalle istituzioni dello Stato, alle quali «neppure la parola di Cristo sembra essere mai giunta».

Riposano entrambi lontano da Torino. Carlo ad Aliano, dove volle essere sepolto per mantenere la promessa di tornare che aveva fatto agli abitanti lasciando il paese. Piero a Parigi, nel cimitero del Père-Lachaise, dove uomini illustri e celebrità di ogni parte del mondo dormono per sempre gli uni accanto alle altre.

Anche se lontani, non c’è dubbio che sia Torino, la loro Torino, a mantenerli per sempre vicini. E, a ricordarci Piero, rimarrà il ritratto che ne fece proprio Carlo: «Era un giovane alto e sottile, disdegnava l’eleganza della persona, portava occhiali a stanghetta, da modesto studioso: i lunghi capelli arruffati dai riflessi rossi gli ombreggiavano la fronte».

 

 


«Torino pronta a cambiare»
Leggi l’opinione di Giulio Biino, maggio 2020