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Sentenze bianconere

di Darwin Pastorin

Sport e letteratura: un rapporto complesso

Torino, Inverno 2022

Un lampo nella memoria, di luce bianca, come nei romanzi di Francesco Biamonti. I ricordi diventano nostalgia: metà anni ’70, facoltà di Lettere e Filosofia, Palazzo Nuovo, Torino, le lezioni sul poeta crepuscolare, e juventino, Guido Gozzano (il fuoriclasse che fece rimare “camicie” con “Nietzsche”); a tenere quell’indimenticabile corso un intellettuale dalla grande passione sportiva: il professor Stefano Jacomuzzi. Un punto di riferimento, sempre e per sempre, della mia vita. Tifoso della Juventus, pubblicò per Einaudi una storia delle Olimpiadi e per la Utet un’enciclopedia dello sport. Da leggere e rileggere il suo primo romanzo, pubblicato da Garzanti nel 1988, Un vento sottile, che narra l’incontro tra Jean Cocteau e il pugile Panama Al Brown. Una storia tra realtà, cronaca e finzione, elogiata dal critico letterario Lorenzo Mondo. Ho recuperato, tra i miei appunti, un’intervista al docente piemontese del 1996, pochi mesi prima della sua scomparsa. Professor Jacomuzzi, perché sport e letteratura si sposano con grande difficoltà? «È una domanda che mi sono rivolto tante volte. Probabilmente, la nostra evoluzione culturale, umanistica e illuministica, ha messo da parte l’aspetto fisico, valorizzando piuttosto tutto quello che appartiene a una sfera virtuale e spirituale. Non solo: stiamo uscendo soltanto ora dal clima romantico. E il romanticismo diventa la “zona della fisicità” per esaltare il sentimento». Pochi scrittori di fama si sono provati nella letteratura sportiva. Pensiamo a Hemingway con la boxe, Buzzati con il ciclismo, Arpino e Soldati con il calcio. Mosche bianche. «Il dramma più difficile da capire e da descrivere è quello sportivo. Un tempo, lo sport aveva una funzione ben determinata, specifica. Nel mondo greco rappresentava un’esaltazione a sfondo religioso, nell’Ottocento una funzione a sfondo morale, patriottico: la disciplina più diffusa era la ginnastica che doveva preparare i futuri soldati ed eroi. La civiltà cristiana, tra l’altro, ha sempre accentuato il distacco dal corpo».

Una volta il calcio, sport popolare per antonomasia, era bandito dai salotti dell’intellighenzia. Oggi, invece, gli uomini di cultura amano farsi vedere negli stadi, intervengono nei dibattiti televisivi, parlano di Roberto Baggio e di Dante, di Paolo Maldini e della Beat Generation

Una volta il calcio, sport popolare per antonomasia, era bandito dai salotti dell’intellighenzia. Oggi, invece, gli uomini di cultura amano farsi vedere negli stadi, intervengono nei dibattiti televisivi, parlano di Roberto Baggio e di Dante, di Paolo Maldini e della Beat Generation. «È vero, gli uomini di cultura e di lettere si fanno vanto dello sport: ma nessuno ne scrive. Nel “Vento sottile” ho descritto tre combattimenti, round per round. Ho cercato di andare oltre il pugno che parte, giocando anche d’invenzione. Devo ammettere di essermi rifatto a Cocteau, che ha saputo raccontare gli allenamenti di Panama Al Brown con la stessa bravura di quando spiegava il teatro. Ecco: bisogna credere nella drammaticità del gesto sportivo, qualunque sia. Anche un rigore fallito rappresenta un piccolo dramma. Dal pianto di una ragazza abbandonata sono nati tanti romanzi, perché un rigore fallito non dovrebbe spingere a un racconto, a una novella?». Professor Stefano Jacomuzzi, lei ha sempre avuto una certa simpatia per la Juventus. Bene: qual è stato il giocatore bianconero che ha amato di più? «Mi è sempre piaciuta l’ala sinistra danese Karl Aage Præst: era molto inglese nel gioco, irresistibile con il pallone tra i piedi». Grazie ancora di tutto, amato Prof.