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Torino, 9 giugno 2020
Il 24 Ottobre 1929 iniziò il crollo della borsa di Wall Street e 7 giorni dopo, al di qua dall’Oceano, venne richiesto un prestito imponente per coprire i pesanti ammanchi della Banca Agricola Italiana, di proprietà del mecenate-imprenditore biellese Riccardo Gualino. Un mecenate d’antan a Torino.
Era il periodo del gruppo dei Sei di Torino – dal 1928/29 al 1935: Gigi Chessa, Nicola Galante, Jessie Boswell, Francesco Menzio, Carlo Levi, Enrico Paulucci – e la città, dominata dalla figura di Felice Casorati, pareva davvero avviarsi verso un futuro di polo artistico non irrilevante. Quel ‘maledetto’ prestito assunto nei confronti dello Stato e della Banca d’Italia, non resistendo alla Grande Depressione, contribuì a scompaginare il mecenatismo torinese nella sua figura più rilevante e il piano di rientro aggredì presto le garanzie rilasciate da Gualino, poi fallito all’inizio degli Anni Trenta. Le attività mobiliari in Italia e all’estero, le attività immobiliari in Italia, cioè ‘Case e terreni a Torino, Sestri Levante, Roma, Cereseto e Milano’, nonché le sue collezioni d’arte, con valutazione da cento a duecento milioni di lire.
Quel 'maledetto' prestito assunto nei confronti dello Stato e della Banca d’Italia, non resistendo alla Grande Depressione, contribuì a scompaginare il mecenatismo torinese nella sua figura più rilevante
Tutto questo perché al di là delle illazioni che suppongono il regime fascista come la causa della sua rovina per motivi politici, Gualino non si fece spaventare dalla crisi economica, e fece male. Dispose infatti di far proseguire la costruzione della sua nuova villa torinese nella zona collinare di san Vito, iniziata alla fine del 1927 su disegno dei fratelli Busiri Vici,oggi della Regione Piemonte ed in predicato per diventare la sede di Torino Design. Ma non solo. Pochi mesi dopo il tracollo dei mercati azionari inaugurò il palazzo omonimo (successivamente sede dell’ufficio di Umberto Agnelli, in quel settimo piano spettacolare dove si dice che ogni tanti aleggi ancora il fantasma di Gualino) sito all’angolo fra via della Rocca e corso Vittorio (fu poi anche sede di uffici fiscali, prima di essere privatizzato come condominio di lusso) e progettato in stile razionalista dagli architetti Giuseppe Pagano e Gino Levi-Montalcini. Entrambi gli edifici rappresentano tuttora simboli importanti dell’architettura torinese.
Poco dopo venne obbligato alla cessione gratuita allo Stato di tutti i beni artistici riportati e illustrati nel volume ‘La Collezione Gualino’, pubblicato nel 1926 dalla Casa d’Arte Bestetti e Tumminelli. Sono numerosissime e di gran pregio le opere d’arte del gruppo: dalla ‘Madonna in trono’ di Duccio da Buoninsegna alla ‘Venere’ di Botticelli, dalla ‘Venere e Marte’ del Veronese alla ‘Négresse’ di Manet, dal ‘Paesaggio campestre’ di Monet ai ritratti ‘di famiglia’ di Felice Casorati. E altrettanto rilevanti furono le costruzioni architettoniche volute dal mecenate-imprenditore: oltre a quelle sopra citate si annoverano il Castello di Cereseto, le sedi della SNIA Viscosa, il Teatro di Torino e la Lux Film.