Torino, autunno 2018
Il 14 agosto è crollata una delle più importanti infrastrutture italiane, il ponte Morandi a Genova sulla A10. Opera dell’ingegnere Riccardo Morandi, il ponte fu costruito tra il 1963 e il 1967 dalla Società Italiana per Condotte d’Acqua. È noto con il nome di ‘ponte delle Condotte’, ma è stato pure chiamato ‘ponte di Brooklyn’, per la sua forma che richiama molto vagamente la celebre struttura americana. Venne inaugurato il 4 settembre 1967. Le reazioni di tutti sono state d’indignazione, e molte sono state le offerte d’aiuto. Tra queste, vorrei soffermarmi sulla proposta dell’architetto senatore Renzo Piano di regalare un concept alla città di Genova per sostituire il ponte Morandi, una proposta che ha fatto discutere e che mi lascia dubbioso. Sappiamo bene quale ruolo importante l’architetto abbia giocato per il rilancio della sua città natale, e questa non è la prima volta che generosamente offre il suo aiuto al territorio genovese. Penso all’‘affresco’ del 2004 per il ridisegno del porto o al Blueprint nel 2015, offerto come «apporto libero e gratuito per il futuro urbanistico, portuale, industriale e sociale di Genova», solo per citare i più rilevanti. Certamente, il contributo di tutti è indispensabile per affrontare una tragedia come quella avvenuta due mesi fa: è inaccettabile che le infrastrutture in Italia non siano sicure.
Non voglio però soffermarmi qui sulle responsabilità perché ci sono organi deputati a individuarle. Preferisco invece parlare della risposta del mondo degli architetti. La nostra categoria ha un grande problema di mancanza di credibilità nell’opinione pubblica, perché troppo spesso il nostro lavoro è considerato alla stregua di un disegno. Al contrario, mi batto sul territorio in cui opero per fare in modo che le idee abbiano un valore e perché il nostro lavoro sia adeguatamente ricompensato, anche se la crisi e l’eccesso di concorrenza potrebbero spingerci a trascurare questi aspetti. Non ultima, da Torino abbiamo lanciato una campagna di sensibilizzazione con il claim ‘Il progetto non è scontato’, per ribadire l’importanza della fase progettuale. Pur comprendendo la difficile situazione di Genova e la necessità di operare in fretta per un ritorno alla normalità, non posso tuttavia plaudire alla scelta di Renzo Piano di regalare anche solo un’idea (non abbiamo infatti ancora capito se si tratti di un concept da completare o di un progetto da finalizzare). Perché si mettono in crisi la credibilità e la professionalità del nostro lavoro.
Perché si limita la possibilità a una platea più ampia di partecipare. Perché si rischia di dare il cattivo esempio agli architetti. Non mi conforta neanche sapere che ci saranno concorsi aperti ad architetti e ingegneri per riprogettare l’area sottostante il ponte, perché mancano certezze su ciò che verrà concretamente progettato e sui tempi. Forse, al contrario, avrei preferito che Renzo Piano prendesse parte ai lavori di una giuria di qualità per la selezione di un progettista, in modo da dare lustro all’operazione, senza togliere lavoro agli architetti. Regalare il frutto del proprio lavoro non aiuta l’Italia a essere più sicura; al contrario, è necessario dare il giusto valore all’impegno intellettuale dei professionisti.