
News
Home > People > Editoriali > L'amore ai tempi di Torino > Rubrichina
Torino, Autunno 2022
Sono tempi in cui si classifica tutto, per data di nascita e scadenza. Si parla di scontro generazionale, i ragazzini ti dicono boomer per insultarti, i boomer si lamentano dei ragazzini sempre al cellulare e lo scrivono su un post di Facebook dal cellulare. Nulla di nuovo sotto il sole. Io non so bene a quale generazione appartengo, so solo che ho fatto in tempo a fare l’amore davanti alla tv con il Maurizio Costanzo show di sottofondo. Ho anni abbastanza per aver visto i grandi mettere
pietre dietro le gomme posteriori in modo da assicurare le auto in discesa quando si andava in montagna. Ai miei tempi, a scuola non c’era ancora l’Ergaster, un ominide che si è palesato negli anni Novanta e che ho scoperto quando i miei figli hanno iniziato le elementari. Ho un’età sufficiente per guardare i film degli anni Ottanta con lo stesso interesse con cui mia madre guardava quelli in bianco e nero il pomeriggio su Rete 4 e che io trovavo paleocristiani come mia figlia trova paleocristiani i miei. Ogni tanto mi scatta la voglia di una casa nel bosco, allora cerchiamo catapecchie campestri per le nostre tasche. Dario, il mio fidanzato, mi manda foto di dolmen piantati in mezzo a una collina con la didascalia «rustico con particolari d’epoca» e io rispondo con un vocale dove recito: «Sono Connor MacLeod del clan MacLeod» e poi canto Who wants to live forever in kilt.
Ho l’età per capire che le generazioni sono quasi sempre generalizzazioni, l’unica grande differenza che resta è quella che divide gli adulti da tutti gli altri. Adulto non è chi sa le cose e le dice, ma chi sa e, nel caso, sa tacerle.
Ho gli anni per desiderare una casa nella prateria, permettermi forse giusto un menhir e sapere Highlander a memoria. Ho l’età per ricordare quando sono spuntate le ali agli assorbenti, perché prima solo a cavalcioni di bruchi. Ho abbastanza anni per aver fatto lunghi viaggi in macchina seduta al contrario, in ginocchio verso il lunotto per fare le boccacce a quelli dietro. Ho abbastanza anni per sembrare vecchia a molti, tranne che ai miei figli. Le mamme son tutte giovani e belle, come gli eroi. A sei anni dissi che la signora Ada era brutta e lo dissi a sua figlia, l’avevo sentito a casa, non che mia madre fosse una da commenti sprezzanti ma su di lei fece questa uscita e io la registrai come verità. E quindi quando la mia amichetta Roberta osannò le doti estetiche di chi l’aveva messa al mondo io dissi che non era vero, l’ho contraddetta come l’avrei contraddetta se mi avesse raccontato di suo padre astronauta. Roberta ci rimase malissimo, così male che mi tolse il saluto e sono sicura che lo disse a casa perché dopo i rapporti tra le nostre famiglie si raffreddarono. Ho l’età per capire che le generazioni sono quasi sempre generalizzazioni, l’unica grande differenza che resta è quella che divide gli adulti da tutti gli altri. Adulto non è chi sa le cose e le dice, ma chi sa e, nel caso, sa tacerle.