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Torino, Primavera 2022
Il tema della Torino sportiva e delle coppe internazionali che la città ospita può avere vari tipi di svolgimento. Comunque, internazionali non vuole dire Coppa Italia nostrana, di calcio o di altro sport, anche se fra squadre italiane farcite (quasi sempre esageratamente) di giocatori stranieri. Vuol dire Coppa dei Campioni, magari, ma per l’altra metà tifoidea del cielo calcistico cittadino, quella granata (per molti, quorum ego, la parte sana della città), significa quasi esclusivamente sano esercizio di gufaggio – solitamente riuscito, e meglio se in occasione della finale – contro la Juventus: scriviamo per esperienza diretta. Se poi si tratta del torneo calcistico importante ma minore che si chiama Europa League, ex Coppa UEFA, è
incontrovertibilmente la più grande manifestazione del mondo se ci gioca il Toro, la più divertente se ci gioca turandosi il naso quella Juve che pensava solo alla Champions e che comunque, quando questa coppa ha disputato, l’ha pure persa malamente (un anno in cui la finale era assegnata, toh, a Torino, a Juve eliminata venne vinta dal Siviglia spagnolo contro il Benfica portoghese; quel mio amico “nonostante” che si chiamava Michel Platini e presiedeva l’UEFA mi aveva mandato a casa l’invito per la tribuna d’onore, quando mi palesai ironicamente mi chiese cosa ci facessi lì e gli dissi: «Volevo vedere te senza vedere la Juve, grazie»).
L’attività mentale, quella di seguire un po’ tutto lo sport del mondo e quindi più che mai le grandi coppe, è nel nostro DNA, che ha permesso a Torino di diventare gravida, madre, nutrice, educatrice, pediatra di quasi tutto lo sport italiano.
Quanto alla Europa Conference, giocata in questa stagione dalla Roma, è un mistero pressoché insondabile persino per Mourinho dio allenatore dei giallo-rossi, e noi granata abbiamo già troppo da coltivare il pensiero se Milinkovic-Savic sia o no un portiere per preoccuparci di questa cosuccia, anche se deve essere sin d’ora chiaro che diventerà cosa bella assai se ci giocherà il Toro, cosa didascalicamente stupenda se la Juve dovrà umilmente accontentarsi di
partecipare a essa, cosa insignificante se la stessa Juve la vincerà, cosa divina se sarà fatta fuori, anche qui meglio se in finale. Questo per il calcio. E il resto? La grande recita del tennis, le finali ATP, dallo scorso novembre per i prossimi quattro anni, è settoriale, ancorché lo sport sia popolare. A me pare un’occasione perché si faccia sapere che non si vive di solo calcio, ma quanti la pensano così e quanti invece credono – «oh, questo calcio, non ne posso più» – di farsi aristocratici frequentandola, magari subendo il fascino del campione, se c’è, più che della manifestazione in se stessa? Per il resto, si fanno annualmente grandi regate internazionali sul Po, ma la nostra onesta freddezza le pensa come un must del grande fiume, e amen. Ci saranno quest’anno mondiali di nuoto pinnato, di golf per universitari, europei di cross country. Tutte belle cose, ancorché sollecitanti più l’onanismo che l’amore di gruppo. Per il resto, l’attività mentale, quella di seguire un po’ tutto lo sport del mondo e quindi più che mai le grandi coppe, è nel nostro DNA, che ha permesso a Torino di diventare gravida, madre, nutrice, educatrice, pediatra di quasi tutto lo sport italiano, nato qui e poi generosamente sparpagliato per l’Italia.