Torino, Primavera 2024
Nel 1840 viene pubblicato un catalogo delle testate edite a Torino e i titoli sono appena diciassette, tutte riviste periodiche, perlopiù di carattere accademico; nel 1869 un analogo elenco raggiunge la cifra di settantatré, di cui sei hanno cadenza giornaliera. In trent’anni la comunicazione a mezzo stampa è esplosa, in un intrecciarsi di messaggi, notizie, celebrazioni, demonizzazioni. Sono le conseguenze dello Statuto Albertino, che liberalizzando la stampa ha diffuso un’ansia febbrile di notizie e commenti scritti, e fatto decollare il giornalismo torinese. Alcune imprese editoriali hanno vita breve: è il caso de Il Subalpino. Raccolta quotidiana di cose da ridere o da piangere, d’intonazione clericale, o del patriottico L’Italia, dagli accenti municipalistici, entrambe rimaste sul mercato per pochi numeri. Altre hanno vita complessa come Il Gianduja. Giornale umoristico politico-sociale, dai toni aspramente antisiciliani tanto che ne viene vietata la diffusione in Sicilia. Altre ancora danno voce all’opposizione democratica e repubblicana attraverso la satira, come Il Diavolo, antigovernativo, anticlericale e antimonarchico, che esce dal 1863 al 1875 e irride le personalità politiche attraverso caricature impietose (senza risparmiare l’imperatore Napoleone III e il re Vittorio Emanuele II).
Una stagione di vitalità che nasce nei fermenti risorgimentali ma, non a caso, perdura attraverso i decenni
La fortuna maggiore arride alle tre “Gazzette” quotidiane. La Gazzetta del Popolo, fondata il 16 giugno 1848, guarda a un pubblico cittadino popolare, alfabetizzato ma non istruito, da conquistare attraverso la chiarezza delle informazioni e il prezzo contenuto (cinque centesimi): moderata nei toni, liberale nell’ispirazione, la Gazzetta del Popolo negli anni Settanta vende 20mila copie ed è il secondo quotidiano d’Italia per diffusione. In aperta concorrenza vi è la Gazzetta di Torino, che inizia le pubblicazioni il 1 gennaio 1860: ugualmente moderata e sostenitrice della politica cavouriana e dei suoi eredi, la Gazzetta di Torino punta sulla cronaca quotidiana e si afferma soprattutto tra i lettori alfabetizzati della provincia. Nel 1867 Vittorio Bersezio fonda una terza gazzetta, la Gazzetta Piemontese, laicista e antipapista, portavoce di una borghesia imprenditoriale e terriera che da un lato vive il declino della città non più capitale politica, dall’altro ne prepara la rinascita come capitale industriale. Convertito a fine secolo in La Stampa, il giornale si caratterizza per le battaglie di modernizzazione del Paese e per il sostegno a una nuova classe dirigente che deve essere fatta di “gente seria, intelligente e di buon senso”. L’elenco potrebbe continuare, dai fogli propagandistici dei grandi eventi, alla stampa socialista, a quelli in francese destinati a far da cassa di risonanza all’estero (come il Courrier de Turin): una stagione di vitalità che nasce nei fermenti risorgimentali ma, non a caso, perdura attraverso i decenni e a fine secolo accompagna il decollo industriale della città.