Torino, primavera 2018
Dai dati di una ricerca del Cresme sull’andamento economico delle regioni italiane, commissionata dal Consiglio Nazionale degli Architetti, emerge che il Piemonte non sembra seguire la ripresa di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, anche se, nel 2017, qualche dato più positivo è emerso. Il PIL della Regione nel 2016 è quantificato in poco meno di 130 miliardi (l’8% del totale italiano). Dopo due periodi di profonda crisi, dal 2015 il PIL del Piemonte è tornato a crescere e le stime per il 2017 e le prime proiezioni per il 2018 sono positive, grazie a una vivacità del settore manifatturiero (+3,2% e +2,7% nel secondo e terzo trimestre 2017) e dei servizi, soprattutto ICT e servizi alle imprese. Il tasso di disoccupazione era salito all’11,3% nel 2014, per scendere sotto la soglia del 10% dal 2016. Oggi, considerati i primi tre trimestri del 2017, si attesta sul 9,2%, contro l’11,2% dell’Italia. Tuttavia si assiste a un rallentamento nella crescita dell’occupazione, con dati particolarmente seri per quanto riguarda l’occupazione giovanile. I settori che più hanno contribuito alla perdita occupazionale sono le costruzioni e il manifatturiero, che hanno perso quasi 38mila addetti ciascuno tra il 2008 e il 2017. Numeri che in termini percentuali indicano una fuoriuscita dell’8% per l’industria e ben del 27% per le costruzioni. Nel 2017 il valore della produzione delle costruzioni in Piemonte è pari a 10,7 miliardi di euro, poco più dell’8% del totale nazionale.
La stima degli investimenti elaborati evidenzia come, solo dal 2016, il settore sia entrato in una fase d’incerta ripresa, settorialmente differenziata. Questi dati, presentati in occasione della tappa relativa al Piemonte e alla Valle d’Aosta di avvicinamento al Congresso Nazionale degli Architetti, che l’Ordine di Torino ha organizzato il 9 febbraio alle OGR, mettono nero su bianco una condizione che gli architetti conoscono bene e che ha inevitabilmente ricadute sulla società più ampia: il nostro Paese conta oggi circa 2 milioni di professionisti; sono lavoratori e datori di lavoro, che generano un indotto di circa 6 milioni tra collaboratori e risorse varie. Sgravi e agevolazioni, parificazione del professionista all’impresa, rivisitazione delle competenze sono temi centrali per far ripartire il lavoro all’interno della categoria che rappresento, ma che hanno ricadute sullo sviluppo urbano più in generale.
La città di Torino ha tante eccellenze e tanti asset per competere in attrattività con le altre metropoli europee, attrattività che si gioca su due fattori principali: la qualità della vita e le opportunità lavorative. Torino è una città bella, in cui si vive bene; è stata motore di settori economici e capace di fare grandi progetti con buone strategie; ora sta perdendo competitività, penalizzata anche dalla vicinanza con Milano. Torino, dal 2013 al 2016, ha perso 15300 abitanti (a Milano tra il 2008 e il 2015 il saldo positivo è di +131mila unità), con riduzione anche nel saldo migratorio con l’estero, positivo di 3mila unità nel 2016 (ma era di 20mila nel 2007).
È preoccupante anche l’invecchiamento della popolazione, per cui da qui al 2024 le persone over 65 rispetto a quelle in età da lavoro saranno il 45%. Noi siamo costantemente in contatto con l’amministrazione per collaborare alla competitività della città. Secondo le stime del Cresme, il Piemonte nel 2036 avrà 300mila abitanti in meno: come uscirne? Deve capire il suo nuovo ruolo, trovare una nuova forma di leadership. Crescita e sostenibilità devono camminare a braccetto; costruito e ambiente sono gli elementi di sviluppo di una partita che non può essere più giocata in difesa. Serve un progetto per il futuro, bisogna giocare in attacco. E il contributo degli architetti può fare la differenza.