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Editoriale

di Guido Barosio

Tempi liquidi, l’arte ci unisce

Torino, autunno 2020

Questo editoriale è dedicato a chi contesta il primato della filosofia nei confronti di tecnologia, marketing e anche politica. La filosofia sta a monte di tutto, e da sempre, con la modernità perpetua di Socrate, Platone e Aristotele. Ma chi – meglio di altri – ha preconizzato i tempi che stiamo attraversando è Zygmunt Bauman, morto nel 2017 e profeta della ‘società liquida’. Fu lui a spiegarci che – tramontate le narrazioni del ’900 – l’uomo avrebbe affrontato: la crisi dello Stato (ideologie e partiti), la comunità vissuta come estetica del consumo, l’indignazione ma senza progetti, il prevalere delle identità digitali sulle persone, la cultura della sorveglianza, lo smantellamento delle sicurezze e della certezza del diritto. Risultato del combinato composto: la perdita della libertà di azione e di scelta. Rileggere Bauman ai tempi del COVID illumina e spaventa. Ma, allo stesso tempo, mette in guardia. Perché in un ‘mondo senza certezze’ occorre trovare gli antidoti, prima ancora delle soluzioni.

Individuati i valori (anche i più semplici), compreso ciò che unisce e che non vogliamo perdere, sapremo resistere agli spaventismi e alle paure, alle minacce (liquide anch’esse) e alle restrizioni più o meno motivate. Torino – città creativa nella concretezza, da sempre avanti anche se non sempre visibile – ha offerto una lezione genuina ed eloquente domenica 11 ottobre. In una bella giornata di sole, chiusi gli stadi e mortificati i teatri, almeno 60mila persone (mascherate con cura, ma vicine nei corpi e nei desideri) hanno affollato Gran Balon e Salone del Gusto, il mercatino della musica e Flor, via Roma e via Garibaldi. Senza paura, insieme, perché si può, perché si deve, perché è bello così. Forse non saranno mesi semplici – però la semplicità è sempre un gradino sopra il quotidiano – ma possono essere mesi ricchi e interessanti, giorni dove apprezzare sempre di più quello che abbiamo avuto paura di non riuscire a fare.

La cultura non è lusso ma indica la rotta, certifica l’eccellenza. La decentrificazione ci insegna che ‘piccolo è vincente’, con le città a misura d’uomo che attraggono e convincono scommettendo sul bello. E Torino può giocare le sue carte

E allora questo numero di Torino Magazine punta con decisione verso l’arte e la cultura: i valori che fanno la differenza, quelli che moltiplicano il tempo a nostra disposizione. In cover Ugo Nespolo fotografato da Gastel, la nostra icona dell’arte contemporanea, l’artista che ha portato il suo nome, e quello di Torino, nel mondo con un tratto colorato e distintivo, riconoscibile ed elegante, attuale da sempre, allegro, perché chi ha detto che l’arte debba solo e sempre svelare malinconie? Nelle interviste di una Torino al femminile Ilaria Bonacossa, perché la sua Artissima ha saputo ridisegnarsi contaminando la città e i suoi musei; Elena Loewenthal, perché il Circolo dei lettori continua a essere tale, con i suoi meravigliosi spazi e i tanti appuntamenti di un calendario che resta punto fermo per conoscere e ascoltare i personaggi del momento; Rosanna Purchia che, forte di un curriculum autorevole e di evidente carisma, dovrà ridisegnare il Teatro Regio giunto al suo ‘anno zero’, un simbolo da restituire all’amore del suo pubblico e agli occhi del mondo; Marta Minniti giovane imprenditrice che restaura i palazzi storici del centro; Maita Sartori, presidente cittadina della Croce Rossa, che, col suo motto ‘Siamo preparati’, mette tutto insieme: solidarietà e cultura, concretezza e visione, perché – noi lo sappiamo – Torino è ‘preparata’ da sempre. Il 2020 ci ha insegnato un nuovo termine: ‘decentrificazione’. Dalle grandi concentrazioni urbane si esce e, per la prima volta nella storia, perdono abitanti Londra e New York, Berlino e Barcellona.

I centri più piccoli offrono una maggiore sicurezza, non solo sanitaria e personale, ma anche legata a un territorio mappabile, circoscritto, a misura d’uomo, dove è più facile vivere, studiare, fare impresa, conoscersi. Piccole città, a volte piccolissime, ma anche di media grandezza, come Lione, Norimberga, Zurigo. Come Torino, dove il fenomeno di decentrificazione è arrivato prima e ha ridotto da tempo il numero degli abitanti. Il prossimo anno sarà quello elettorale, ci auguriamo che, in questi mesi ‘liquidi’, i prossimi potenziali amministratori abbiano modo di interrogarsi per cogliere lo spirito del tempo, e concepire un tessuto urbano dove la cultura non sia solo un lusso ma il motore. Raccordata strettamente con automotive, aerospaziale, sanità e università, imprescindibili vettori di sviluppo. Una recente statistica ci ricorda che, nella vicina Francia, proprio il mondo della cultura (arti, spettacolo, eventi, turismo) è al vertice del fatturato nazionale. La rotta è quella, alziamo le vele.