Torino, primavera 2018
È entrata in vigore il 31 gennaio la Legge 22 dicembre 2017 n. 219 rubricata ‘Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento’, più comunemente affermatasi come legge sul ‘testamento biologico’. Una legge attesa da più di dieci anni, da quando, cioè, le questioni relative a biotestamento e accanimento terapeutico vennero alla ribalta in occasione delle note vicende (anche giudiziarie) relative alla vita e alla morte di Piergiorgio Welby ed Eluana Englaro. I punti chiave della nuova legge sono sostanzialmente quattro, vediamoli in estrema sintesi.
1. Consenso informato
Nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito senza il consenso libero e informato dell’interessato. Per dare il consenso servono informazioni complete, aggiornate e comprensibili su diagnosi, prognosi e rapporto rischi/benefici. Il consenso dev’essere documentato per iscritto o con videoregistrazioni o, per i disabili, con dispositivi idonei per comunicare; può essere revocato in qualsiasi momento, anche se ciò comporta l’interruzione del trattamento (incluse nutrizione e idratazione artificiali). Il medico deve rispettare il rifiuto del paziente e non ha responsabilità civili o penali. Il paziente non può esigere trattamenti contrari alla legge, alla deontologia o alle buone pratiche clinico-assistenziali.
2. Accanimento terapeutico
Il medico, con mezzi adatti allo stato del paziente, deve cercare di alleviare le sue sofferenze, anche se rifiuta o revoca il consenso al trattamento sanitario. In situazioni di prognosi infausta a breve termine o di imminenza di morte, il medico si deve astenere da ogni «ostinazione irragionevole nella somministrazione delle cure e dal ricorso a trattamenti inutili o sproporzionati ». Se le sofferenze sono resistenti ai trattamenti sanitari, il medico, con il consenso del paziente, può ricorrere alla sedazione palliativa profonda continua in associazione con la terapia del dolore. Il consenso e il rifiuto della sedazione palliativa sono annotati nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico.
3. Disposizioni anticipate di trattamento
Nelle DAT le persone maggiorenni e capaci di intendere e volere possono, in previsione di un’eventuale futura incapacità di autodeterminarsi, esprimere le proprie volontà sui trattamenti sanitari e il consenso o il rifiuto di accertamenti diagnostici, scelte terapeutiche e singoli trattamenti sanitari. Il disponente può anche indicare un fiduciario (maggiorenne e capace di intendere e volere) che lo rappresenti nelle relazioni con il medico. Il sanitario deve rispettare le DAT; può disattenderle, d’accordo con il fiduciario, solo se sono «palesemente incongrue e non corrispondenti alla condizione clinica» o se esistono nuove terapie capaci di offrire concrete possibilità di migliorare le condizioni di vita. Le DAT vengono pubblicizzate in un registro comunale (ove già istituito), ovvero in un registro elettronico su base regionale, ove le Regioni abbiano istituito una modalità telematica di gestione della cartella clinica. Il notariato ha quasi ultimato un registro nazionale – non accessibile al pubblico per motivi di privacy e senza costi per lo Stato – consultabile da parte di tutte le aziende sanitarie italiane.
4. Panificazione delle cure
Paziente e medico possono concordare una pianificazione delle cure circa l’evoluzione delle conseguenze di una patologia cronica e invalidante o caratterizzata da inarrestabile evoluzione con prognosi infausta; il medico deve attenersi a questo programma se il paziente arriva a non poter esprimere il proprio consenso o in una condizione di incapacità. A questo fine, il paziente e, con il suo consenso, i suoi familiari (o la parte dell’unione civile o il convivente oppure una persona di sua fiducia) vanno adeguatamente informati sulla possibile evoluzione della patologia, su quanto il paziente stesso può realisticamente attendersi in termini di qualità della vita, sulle possibilità cliniche di intervenire e sulle cure palliative.