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Editoriale

di Guido Barosio

Il più grande spettacolo dopo il Big Bang

Torino, Autunno 2022

Nella mappa delle città attrattive ci sono tre tipologie: le “città mondo”, che non hanno bisogno di eventi, perché sono un evento esse stesse; le “capitali”, comunque attrattive ma bisognose di appuntamenti ad alta visibilità, perché altrimenti i visitatori non ci tornano; le “città di media grandezza” (le più premiate dai flussi), che puntano sul palinsesto più che sull’eccezione ad alto impatto mediatico. Torino si è inserita in quest’ultimo gruppo all’inizio del terzo millennio. Prima non c’era, era una bellezza nascosta, nota solo per la sua storia e per il suo presente industriale, peraltro in regresso. In più con una circostanza aggravante, l’essere italiana. Se appartieni alla nazione di Roma, Firenze e Venezia rischi per sempre il ruolo di figlio cadetto dell’imperatore. Di portare gente a Torino (emigranti a parte) proprio non se ne parlava. Mi raccontò il compianto assessore Alfieri che il sindaco Novelli, da lui interrogato sulle prospettive turistiche, rispose: «Turismo? Venezia ha il Canal Grande e noi quello della Ceronda». E il grande Fiorenzo chiosò: «Capisci, non ha neanche pensato al Po, ma alla Ceronda!». Eravamo i ciechi di Saramago. Dopo tutto cambiò. Per meriti, visioni e fortunate circostanze. Ricordiamo che Torino non avrebbe avuto le Olimpiadi se Roma, incredibilmente, non si fosse fatta sfuggire le sue. Ma i Giochi non impattarono come un asteroide. Torino aveva già ridisegnato il Quadrilatero, lanciato il Salone del Libro, quello del Gusto e Artissima, rinvigorito la cultura del food con giovani maestri. Noi di Torino Magazine, figli del 1988, tutto questo lo abbiamo raccontato, passo dopo passo, exploit dopo exploit. Certo, il lascito olimpico fu enorme, un vero cambio di paradigma. Che spinse ad altre scelte strategiche: il Torino Film Festival, la Film Commission, la dotazione di due stadi per due squadre, Pala Alpitour e Oval (lasciti olimpici) si affermarono come impianti (attrattivi) di assoluta eccellenza internazionale, e, last but not least, le ATP Finals, che avremo minimo per altri quattro anni (compreso questo), poi, se saremo bravi, ci sarà la riconferma.

Ricordabili, Riconoscibili, Accoglienti: tre parole d’ordine imprescindibili per ottenere ciò che dobbiamo essere consapevoli di meritare

Bene, vi ricordate tutti gli appuntamenti di questo elenco? Tutto il lavoro condotto da amministratori e privati per conseguirli e mantenerli? Forse solo in parte. Siete consapevoli del patrimonio che Torino ha in dotazione per questo e i prossimi anni? Ho qualche dubbio. La cultura del mugugno e della discrezione sono un nemico che noi, “città potenzialmente vincente di media grandezza”, non ci possiamo permettere. Mentre invece occorre osare, con uno scatto in avanti. In tempi recenti Torino Magazine ha scelto di accostare la testata a soggetti dalla visibilità globale; icone dove la città, ed il suo magazine, assumessero un mood internazionale: Cristiano Ronaldo, Rafael Nadal, la Ferrari, i conduttori di Eurovision, e ora Roger Federer. Perché il tennista più grande di sempre non giocherà a Torino, ma è lui stesso il tennis, il vincitore di più Finals di tutti. Il nostro eroe per un evento formidabile. Chiaro il concetto? Poi troverete come si può vivere la città delle Finals: Artissima, il Torino Film Festival, mostre, musica e grande teatro, sapori d’autore… Ma all’orizzonte c’è una nuova sfida, imposta da mercati sempre più dinamici e selettivi: chi ha il prodotto deve essere bravo a venderlo e comunicarlo. Per raccontarlo ci siamo noi, e ci siamo sempre stati. Ma con lo stesso spirito delle nostre pagine ci piacerebbe vedere un sistema turistico competitivo, azioni attrattive verso ogni confine, strategie di formazione all’avanguardia, campagne di visibilità internazionali. Ricordabili, Riconoscibili, Accoglienti: tre parole d’ordine imprescindibili per ottenere ciò che dobbiamo essere consapevoli di meritare.