Torino, speciale 2021
Uno scrittore che amo molto, Kurt Vonnegut, una volta scrisse: «Il vero terrore è svegliarsi una mattina e scoprire che i tuoi compagni delle superiori stanno governando il Paese». Mi ha sempre fatto ridere il cinismo con cui descriveva il rapporto con i suoi coetanei e insieme la fiducia con cui guardava alle generazioni future, fiducia che permea i discorsi pubblici contenuti nel suo libro postumo Quando siete felici, fateci caso. Parafrasando Vonnegut, potrei dire che la vera speranza è svegliarsi una mattina e scoprire che i tuoi figli, nipoti, fratelli minori stanno governando il Paese. Se non il Paese, almeno Torino, che è una città sempre meno aperta ai giovani, dove i locali storici hanno chiuso, dove si sperimenta poco e ci si lamenta tanto. Questo numero della rivista è dedicato alle nuove energie, perché finalmente si torni a dire «Torino non è una città solo per vecchi». Voglio appuntare qui qualche consiglio che darei ai ragazzi, per affrontare progetti e ambizioni, dal basso dei miei errori e delle mie mancanze.
Io sono della generazione che rimase affascinata dal discorso di Steve Jobs, quello che chiudeva con «stay hungry, stay foolish».
- Come prima cosa, giusto per contraddirmi subito, è bene prendere le distanze dai consigli, soprattutto se sotto forma di frasi a effetto. Io sono della generazione che rimase affascinata dal discorso di Steve Jobs, quello che chiudeva con «stay hungry, stay foolish». Mi è stato chiaro solo crescendo che è un motto e, come tutti i motti, suona bene ma razzola male. Io mi terrei solo l’imperativo stay, non importa se affamato e folle, stai! Resta, tieni il punto, cerca di finire quello che hai iniziato. Abbiamo bisogno di persone che costruiscono e che fanno anche manutenzione.
- C’è tanto da lavorare per una città all’altezza di Torino, quella che ha ottenuto primati, che si è distinta, ma soprattutto la Torino fatta di persone che si frequentano, si vedono, scambiano idee, ballano insieme. Nonostante il periodo, non bisogna dimenticare che siamo animali sociali, non domestici.
- Consiglio di aver paura, la paura è utile. Michelangelo prima di accettare la sfida della Cappella Sistina ebbe paura, pregò addirittura che il lavoro venisse dato a Raffaello, «non esser mia professione», scrisse in una lettera a suo padre. Era uno scultore, non un pittore. Eppure alla fine accettò e la grandezza della Cappella Sistina sta proprio nel fatto che i corpi sembrano scolpiti, con il pennello certo, ma scolpiti. Che Michelangelo non si fosse sentito all’altezza aiuta a superare qualsiasi ansia da prestazione.
- Non è vero che volere è poter È fondamentale scegliere con attenzione i propri desideri e avere il coraggio anche di lasciarli andare se non sono alla nostra portata.
- I piemontesi dicono «non mi oso» al Osarsi invece è bene, mettersi alla prova con quelli più bravi è l’unico modo per migliorare.
- È importante guardarsi dalla sindrome dell’impostore. Le persone che ne soffrono si convincono di non meritare il successo ottenuto, perché il loro riconoscimento dipende dalla fortuna o dalla sopravvalutazione degli altri, mai da un’effettiva capacità personale.
- A corollario del punto 6: imparare che non bisogna sminuire il risultato, non era facile solo perché lo si è
- Il lavoro è fatto di rapporti e persone, curare i rapporti, rispettare l’altro è alla base di qualsiasi progetto.
- È fondamentale non essere schiavi delle proprie ambizioni.
- Consiglio di rileggere Vonnegut e la frase che riassume tutti i suoi insegnamenti: «Di regole io ne conosco una sola: bisogna essere buoni, cazzo».
Leggi l’intervista a Enrica Tesio: clicca qui