Home > People > Editoriali > La città e il suo futuro > Nuove vocazioni per il sistema Torino
Torino, Inverno 2023
La festa delle ATP Finals si è sciolta nella folla delle compere natalizie senza soluzione di continuità. A dispetto di quanto vanno sostenendo in giro per l’Italia gli stessi torinesi, la città sembra un luogo vivace e ricco di eventi, il contrario della città in crisi che a molti piace raccontare. Anche solo per una posa. Tutto va bene a Torino? Certamente no. Il divario tra la città ricca e la periferia nord è ancora troppo grande perché funzioni l’ascensore sociale, unico vero antidoto alla decadenza. Ora ci sarebbero le condizioni, gli ingredienti, per dar vita a una città nuova. I segnali sono incoraggianti. Se Torino diventa la capitale dell’arte contemporanea, uno dei punti di riferimento del design, il palcoscenico di eventi sportivi di livello mondiale, una delle capitali europee dell’aerospazio, una delle mete del turismo gastronomico, uno dei poli dell’economia del riciclo, la sede del principale museo egizio dell’Occidente… beh qualcosa vorrà pur dire. Tutto questo è il contrario della decadenza e del declino. Questi, anzi, sono i tasselli di un futuro possibile. Bisogna a questo punto metterli a sistema. Per decenni una parte della classe dirigente torinese è stata preda di una malattia nichilista che ha contribuito a far crescere i problemi della città.
Per loro Torino doveva sentirsi in colpa per essere città, per essere troppo grande, per essere uno dei motori dello sviluppo italiano
Per loro Torino doveva sentirsi in colpa per essere città, per essere troppo grande, per essere uno dei motori dello sviluppo italiano. La ricetta era quella di tornare paese, di sognare le dimensioni di Parma, di richiudersi nella rassicurante ideologia del chilometro zero. Per i nichilisti non ha senso collegarsi velocemente con la Francia, neppure costruire grattacieli e, addirittura, non aveva senso realizzare il parcheggio sotterraneo in piazza San Carlo perché, si disse all’epoca, “le griglie per l’aerazione sui marciapiedi” avrebbero rovinato l’estetica del salotto di Torino. Battaglie destinate ad essere archiviate negli stupidari dei prossimi decenni o negli “Strano ma vero” della Settimana enigmistica del 2072. Per difendersi dall’ondata nichilista l’altra parte delle élite torinesi ha cominciato a lavorare di nascosto, quasi clandestinamente. Va detto che il DNA sabaudo ha favorito molto questo atteggiamento. Così è cresciuta senza dare nell’occhio la città dell’aerospazio di corso Marche, che dà lavoro a migliaia di ingegneri. Si è realizzato il grattacielo più alto d’Italia ma in periferia e senza dirlo, facendo credere al Paese che quello più alto è a Milano. Una piccola digressione: il grattacielo più alto è la Torre Unicredit con 231 metri ma il tetto è a 150 metri, il resto è pennone non calpestabile (provate a mettere una scrivania là in cima). La torre della Regione Piemonte è alta 200 metri come la torre Isozaki di Milano. Che dunque, a pari merito, sono i due grattacieli più alti d’Italia. Torniamo ai nichilisti, quelli che hanno rinunciato alle Olimpiadi perché volevano spiegare al CIO come si fanno in modo ecologico. La fase acuta della malattia nichilista torinese sembra ormai alle spalle. Ma le scorie continuano a circolare e sarebbe importante che la nostra classe dirigente se ne liberasse definitivamente. In primo luogo riconoscendo il valore di ciò che di ottimo questa città è in grado di fare, meglio e più del resto del Nord. In secondo luogo coordinando tra di loro le eccellenze che oggi sembrano il meraviglioso frutto delle iniziative di singoli gruppi e non la conseguenza di un progetto comune. Insomma, a dispetto di tante predicazioni farlocche degli ultimi anni, ci vuole un sistema Torino che faccia squadra mettendo insieme privati e Istituzioni, prendendo in mano la situazione e facendo crescere la città. Smettendola di sprecare energie attaccando la collaborazione istituzionale tra il sindaco e il presidente della Regione, uno dei pochi segnali di lavoro di squadra che sono venuti negli ultimi mesi.