
Come recita uno dei muri della Taverna, perfino il conte Parpaglia, in arte Frà Fiusch, si copriva con cappello e mantello nero per ripararsi dal freddo durante quelle notti in cui usciva a caccia di erbe magiche. Ora quel freddo quasi non c’è più, come la neve, i vinili e i dribbling di Baggio, eppure continuiamo a bramarli, a cercarli, a riproporli nei film, nei libri, nei piatti. Anche l’autunno, quello delle foglie disegnate da bambini, pare non esserci più, e quindi a maggior ragione lo cerchiamo con fervore, soprattutto a tavola.
E così forse riusciamo anche un po’ a spiegare questa “febbre da funghi” che ha imperversato nei mesi di settembre e ottobre, riempiendo le tavolate dei nostri ristoranti di avventori affamati di funghi. C’è da dire che la cucina, forse al pari del cinema, riesce a tirare fuori emozioni e sensazioni davvero speciali; uniche in qualche modo.

La mia cucina deve evocare ricordi ed emozioni, deve far stare bene
Vedi quella volpe di Tim Burton che a distanza di oltre trent’anni dal primo film se ne esce con un secondo, nuovo Beetlejuice da applausi. Vedi un Ugo Fontanone che da quasi trent’anni, come un alchimista, fa comparire le stagioni anche quando non sembrano esistere più. Come? Con i suoi piatti.
La bagna cauda è in menu tutto l’autunno, come un manifesto di letteratura gastronomica piemontese impossibile da rinnegare. Il cavolfiore c’è, anche se non è bello né social, ed è qui in formato flan per celebrare il paniere dei prodotti di Moncalieri, abbinato all’acciuga che è la morte sua. Altro piatto, il “ceciambero”, ovvero gamberi con crema di ceci, sempre ottimo, ma soprattutto l’occasione giusta per una frecciata alle nuove nomenclature: «Se vuoi scrivi pure hummus di ceci, ma questa è una crema di ceci. Che bisogno c’è di chiamarla hummus? Si vende di più? Ci interessa cos’è davvero o come vorrebbero chiamarlo gli altri?».
Ugo ce l’ha da sempre con chi tratta il cibo come operazioni di marketing: «Vale la regola aurea di “Ratatouille”: la cucina è questione di cuore. La mia cucina deve evocare ricordi ed emozioni, deve far stare bene e fregarsene dell’obbligo o meno di scrivere la parola “hummus”».

Noi ci teniamo la crema di ceci e va benissimo così. Altra menzione d’onore alla trippa di Frà Fiusch, anzi alla “Mc Trip”, ovvero la trippa fritta, fatta in stile chips, delicata e divertente, antica e innovativa, vera e accogliente. «La mangia anche un bambino, anzi sarebbe meglio mangiasse questa al posto delle patatine…». Così ci immaginiamo un bel cartoccio di questa trippa (che dà assuefazione, croccante e morbida), da mangiare al posto dei popcorn, in poltrona al cinema.
E a proposito di cinema, Ugo Fontanone ha preparato i catering per gli eventi relativi alla permanenza di Martin Scorsese al Museo Nazionale del Cinema, in occasione della consegna della stella della Mole al leggendario regista newyorchese. «È stato veramente un onore. E sono con tento perché ho avuto la possibilità di cucinare per Scorsese direttamente, tra un impegno e l’altro. Lui è veramente un gigante, l’ho visto sfogliare un libro foto grafico che gli hanno regalato come fosse un bambino, felice, entusiasta. Una lezione vivente».
Dunque, in chiusura, siamo semplicemente contenti, e per vari motivi. Perché amiamo il cavolfiore e lo vogliamo nelle carte dei ristoranti belli; perché la trippa si può e si deve mangiare; perché a cucinare per il maestro Martin Scorsese c’era un pirata della nostra ristorazione come Ugo Fontanone… non potevamo chiedere di meglio.


