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Home > Food > Percorsi Gourmet > Torino Food Explosion: eventi globali e food culture nella Torino città del gusto
«[...] PRANZARE CIRCONDATA DA OPERE D'ARTE CONTEMPORANEA E POI INCONTRARMI CON LE AMICHE PER UN TÈ, DOVE UN TEMPO C'ERANO LE LOCOMOTIVE. DOPO AVREI VOGLIA DI UNA CENA D'AUTORE E, PER FINIRE, DAREI LA BUONANOTTE ALLA CITTÀ DAL 35° PIANO, CON UN COCKTAIL ESOTICO CHE SA GIÀ DI ESTATE...». TUTTO QUESTO È POSSIBILE, MA SOLO A TORINO
Forse non ce ne siamo ancora accorti ma è nato un nuovo movimento – Torino Food Explosion – fatto di eventi globali, visione strategica, entusiasmo, grandi investimenti e risultati tangibili. Come ogni vero movimento è spontaneo, non ha una cabina di regia, ma è frutto di talento, coincidenze e creatività. Poi ci vuole un terreno fertile, ma questo, la Torino del food, l’ha sempre avuto. Gli elementi più visibili del fenomeno sono: nuove o recenti aperture di grande rilievo, investimenti di soggetti altamente rilevanti, la presenza in calendario di appuntamenti globali già conosciuti, come il Salone del Gusto, o straordinari, come il Bocuse d’Or Europe 2018. Ma qual è l’aspetto più significativo e inedito anche a livello nazionale? Uno su tutti, nel food hanno scommesso e investito soggetti ‘altri’ rispetto a quelli della tradizionale imprenditoria di settore: Intesa Sanpaolo con Piano35 nel proprio grattacielo, Lavazza con Nuvola, Fondazione CRT alle Ogr, e, volendo, il discorso si può estendere a EDIT e Del Cambio. Avreste mai pensato, dieci anni fa, che un grande gruppo bancario o un imprenditore di successo potesse scommettere sulla ristorazione torinese? Non era neanche una chimera, era semplicemente impossibile. E, badate bene, quella di Torino è una novità europea.
Anche in Francia, capofila del movimento, le maggiori aziende globali sono nate da un grande nome della ristorazione (Paul Bocuse e Alain Ducasse su tutti) e mai viceversa. Noi invece, forse inconsapevolmente, stiamo replicando una formula di successo statunitense (o degli Emirati, o delle tigri orientali): è la grande impresa a partire e a scegliere (lo chef, la formula, il business plan) per poi portare avanti il progetto. In parallelo la cultura del territorio (Torino e tutto il Piemonte) offre l’incubatore: tradizione, prodotti, rete di appassionati, media, impegno delle istituzioni.
E così questa Torino Food Explosion godiamocela, sarà un 2018 da ricordare. Iniziamo l’esplorazione ascoltando che cosa ha da dirci Matteo Baronetto, chef Del Cambio, che, nel 2014 fu tra i primi ad approdare in città segnando l’inizio della new wave: «Quello che sta accadendo a Torino è qualcosa di straordinario. Si tratta di un gioco a somma positiva, perché ogni nuova apertura corrisponde a una nuova – e differente – opportunità di scelta. La nascita di questi spazi è frutto di un entusiasmo e di una positività che non possono che fare bene alla città, elevandone lo standard complessivo e aumentandone l’attrattività. New entry autorevoli, ognuna delle quali oltretutto ben profilata, con target, proposte e identità specifiche e diverse che non si sovrappongono tra loro, ma arricchiscono l’offerta enogastronomica complessiva contribuendo ad aumentare i flussi turistici nazionali e – soprattutto – internazionali. La diversità è una ricchezza, specialmente quando la si trasforma in sinergia».
Con l’inizio del 2018, l’Anno del Cibo italiano, la città si prepara a dare il suo contributo e diventare capitale del food a livello internazionale. Torino farà infatti da sfondo a due grandi manifestazioni enogastronomiche: la finale della selezione europea del Bocuse d’Or Europe 2018 e la nuova edizione di Terra Madre Salone del Gusto. Ed è da gennaio che sono iniziate le prime tappe di avvicinamento alla più importante competizione mondiale delle arti gastronomiche ideata dal noto chef nel 1987: si tratta del Bocuse d’Or Europe OFF 2018, un palinsesto di eventi e iniziative – ideato dall’assessorato alla Cultura e al Turismo della Regione Piemonte e coordinato dal Circolo dei lettori e dall’Accademia Bocuse d’Or Italia – all’insegna della food culture e diffuso in tutto il territorio piemontese per avvicinare il grande pubblico alle giornate conclusive del concorso europeo, che si terrà l’11 e il 12 giugno. A Torino giungeranno 20 giovani chef, vincitori delle rispettive selezioni nazionali, per sfidarsi alla presenza di un presidente onorario d’eccezione – lo chef tre stelle Michelin del ristorante Piazza Duomo ad Alba e presidente dell’Accademia Bocuse d’Or Italia, Enrico Crippa – e tentare di aggiudicarsi il Trofeo e l’accesso alla finale mondiale, che si svolgerà invece a Lione nel 2019.
Non ci resta dunque che tifare per Martino Ruggieri, chef pugliese vincitore della selezione italiana, e vedere se sarà in grado di scalare l’Everest della cucina.
Dopo l’estate sarà invece la volta di un altro grande appuntamento che colorerà tutte le vie e le strade del centro città: Terra Madre Salone del Gusto. Organizzato dal Slow Food, è oggi il più grande evento internazionale legato al cibo, sano e pulito, e alla cultura del mangiar bene. Le date della dodicesima edizione? Dal 20 al 24 settembre, cinque giorni intensissimi per assaggiare, imparare e scoprire l’agrobiodiversità dei cibi dei cinque continenti, entrando in contatto con le culture e le tradizioni da cui provengono.
Si attendono infatti più di 900 espositori, tra produttori di Presìdi Slow Food e Comunità del cibo (in arrivo da più di 100 paesi), oltre a 7000 delegati di Terra Madre.
Il tema scelto per la dodicesima edizione è Food for Change, cibo per il cambiamento dunque, ma anche come motore di cambiamento sociale, così come graficamente espresso nella nuova immagine guida della manifestazione, la cui ‘cucina’ sarà ancora una volta il Mercato: il luogo di incontro tra migliaia di produttori di tutto il mondo e i tanti visitatori che giungeranno a Torino per perdersi tra i profumi e i sapori che animeranno il Lingotto Fiere, il Palazzo della Giunta Regionale in piazza Castello, Palazzo Reale, il Circolo dei lettori e molti altri luoghi che saranno svelati nei prossimi mesi.
Chiara Appendino, Dario Franceschini, Carlo Petrini e Sergio Chiamparino © Alessandro Vargiu/SlowFood
Bocuse d’Or Europe 2018: www.bocusedor.com
Terra Madre Salone del Gusto: www.salonedelgusto.it
«Mi chiedi cosa farò domani? Vorrei iniziare la giornata con una colazione diversa dal solito, come in quella bakery di New York. Pranzare circondata da opere d’arte contemporanea e, nel pomeriggio, incontrarmi con le amiche per un tè, proprio lì dove un tempo c’erano le locomotive. Dopo il tramonto avrei voglia di una cena d’autore all’aroma di caffè, per continuare fino a tardi e dare la buonanotte a Torino dal 35° piano, sorseggiando le ultime note speziate di un cocktail esotico che sa già di estate…». Potrebbe sembrare solo il sogno di un’inarrestabile gourmet, ma tutto questo a Torino è possibile e incredibilmente vicino. Sullo stesso ‘miglio dell’innovazione’ sorgono infatti cinque luoghi che non possono essere racchiusi in un’unica definizione. Nessuna di queste location è un semplice ristorante, ma in ognuna di esse è il cibo a far da protagonista. Si tratta di Spazio7 alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Condividere by Lavazza, EDIT, il Ristorante e Lounge bar Piano35 del grattacielo Intesa Sanpaolo e Snodo alle Ogr: spazi poliedrici e innovativi con una forte identità che vale la pena scoprire.
Avvolto in una biosfera di essenze esotiche e mediterranee, immerso in un giardino a 150 metri d’altezza, al trentacinquesimo dei trentotto piani progettati da Renzo Piano per Intesa Sanpaolo, trova posto il ristorante più alto d’Italia: Piano35.
Qualcosa di unico fin dal suo concetto, che unisce tecnologia e compatibilità ambientale, visione architettonica e confort, eleganza misurata e cura per il dettaglio, l’atmosfera, la luminosità d’insieme. Così gli ospiti di Piano35 sono chiamati a confrontarsi con la cucina neoclassica di Fabio Macrì, 31 anni, due lauree, esperienze a The Fat Duck, tre stelle Michelin, e Fondazione Alìcia di Ferran Adrià.
A Torino Fabio propone il futuro della tradizione e non si sottrae al fascino dalla cucina sabauda: «La nostra è una carta stagionale – racconta – che per il quaranta per cento si ispira al Piemonte e per il restante sessanta esplora i sapori di mare, il Mediterraneo e soluzioni originali». Per Fabio Macrì «ogni piatto deve essere la sintesi tra originalità e sapore – mentre ‘equilibrio’ è la sua parola d’ordine – quel ‘sweet spot’ per dirla all’inglese, che si ottiene dalla mediazione fra estremi opposti. Dopo vent’anni di avanguardia, si affaccia all’orizzonte un momento storico che ha come obiettivo quello di riscoprire il valore dei classici della tradizione, accantonati per anni in nome della ‘novità’. È anche però il momento di analizzare gli avanzamenti tecnici e tecnologici degli ultimi decenni. Solo l’unione tra queste due visioni porta ad un approccio che non è solo un nostalgico ritorno al classico, ma un tentativo di proporre qualcosa che può essere definito ‘neo-classico’».
Il laboratorio del gusto di Piano35 si completa con l’esperienza del Lounge Bar, dove il bartender è una star nel panorama italiano della mixology. Mirko Turconi, campione d’Italia 2017 al Diageo Reserve World Class, propone cocktail unici dove concorrono tre elementi: selezionate materie prime, tecniche di preparazione innovative e presentazioni originali dall’approccio teatrale. Vero palcoscenico sopra Torino, Piano35 trova la propria sintesi negli esclusivi finger food concepiti da Fabio Macrì appositamente per il lounge bar. Tornando con i piedi per terra, e spostandoci di qualche metro, approdiamo alle Ogr, le Officine Grandi Riparazione, recentemente riqualificate e restituite alla città dalla Fondazione CRT. Il maestoso complesso industriale di fine Ottocento, destinato alla riparazione dei treni e per lungo tempo abbandonato, oggi si è trasformato in un grande hub culturale a vocazione internazionale in cui convivono arte, musica, food e impresa.
Nell’area del transetto che collega i due spazi principali – le officine nord a le officine sud – trova casa Snodo, la nuova taste experience torinese votata alla cucina 2.0 e aperta dalla prima colazione all’after dinner.
Un luogo d’incontro e incrocio dove fermarsi per mangiare qualcosa al volo o per una cena conviviale – magari al social table, un tavolo lungo 25 metri per 60 coperti – circondati da una frizzante atmosfera newyorkese.
Cinque gli ambienti dedicati al buon cibo: la Pausa Caffè per colazioni e pomeriggi rilassanti con vista sul cortile, il Ristoro per un pasto veloce e leggero, il Dopolavoro per un aperitivo nell’area lounge o un after dinner, con cocktail ispirati ai più famosi viaggi su rotaia e, infine, l’Officina del gusto: un ambiente moderno con cucina a vista in cui la tradizione piemontese viene espressa e celebrata dalle tecniche più moderne della ricerca culinaria.
Ma se è l’arte contemporanea ad appassionarvi e non perdete mai nessuna delle mostre ospitate alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, il vostro punto di riferimento non può che essere Spazio7: ristorante, caffetteria, trattoria contemporanea e location per eventi.
Qui la creatività artistica trascende letteralmente i confini delle sale espositive e giunge fino alla tavola grazie all’estro dello chef Alessandro Mecca. «Il solo fatto di trovarmi all’interno di uno dei luoghi per eccellenza dell’arte contemporanea nel mondo è uno stimolo continuo. Il mio obiettivo non è però quello di ricreare le opere d’arte nel piatto, ma trarne ispirazione, giocando con gli ingredienti, come fa un artista. Un gioco che nasce dall’essere curiosi e dal farsi stupire, che diverte se ha origine dal rispetto e dalla selezione delle materie prime, dalla conoscenza e dalla tutela delle tradizioni gastronomiche italiane». Integrazione, sperimentazione e contaminazione quindi, dalla colazione al light lunch fino al pre e after dinner.
Alla guida di tutto il progetto troviamo Emilio Re Rebaudengo: «Spazio7 non può prescindere dall’arte contemporanea. Lo si vede prima di tutto dal contesto: la caffetteria, con tutto il suo arredo, è stata progettata dall’artista italiano Rudolf Stingel, mentre il ristorante è stato realizzato da Claudio Silvestrin, architetto dell’intero spazio espositivo della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo. Un wall painting dell’artista Amedeo Martegani e una serie di vasi multicromatici in silicone di Alessandro Ciffo fanno da cornice alla sala principale. E lo si vede da ciò che serviamo in tavola: vogliamo che i nostri ospiti siano soddisfatti a livello di gusto e olfatto, ma ci teniamo che a colpirli sia anche la vista».
Tutto questo vi ha fatto venir voglia di mettervi alla prova ai fornelli? Allora perché non partecipare a un laboratorio per la produzione della birra o una lezione di cucina da EDIT – Eat Drink Innovate Together, la nuova frontiera gastronomica torinese ispirata ai concetti della condivisione, del co-working e della sharing economy.
«EDIT è una nuova destinazione nel panorama torinese dove poter vivere un’esperienza immersiva nel mondo del Food&Beverage. Le produzioni e le attrezzature sono a vista, quest’ultime sono anche affittabili da chi vuol rendere – la birra artigianale o la ristorazione – la propria attività imprenditoriale – spiega l’amministratore delegato Giovanni Rastrelli – Edit si sviluppa in 5 aree: la Bakery Cafè, il Pub, il Cocktail Bar, il Ristorante e le Kitchens. In ognuna delle aree di somministrazione sono stati chiamati attorno a sé dei professionisti affermati per firmare il menù: Pietro Leemann e Renato Bosco per la Bakery ed il Pub; il Barz8 e i CostardiBros per il Cocktail Bar e il Ristorante».
Una struttura dunque assolutamente polifunzionale, ex sede degli stabilimenti Incet, dove poter gustare inoltre le brioches sfogliate di Renato Bosco e, guidati dai mastri birrai della Brewery, una delle 19 birre alla spina selezionate tra i migliori birrifici italiani e del mondo. Una location sviluppata su due piani dal concept innovativo, da vivere sia come attori che come spettatori perché, come aggiunge Giovanni Rastrelli, «EDIT è un luogo di condivisione, innovazione, educazione e intrattenimento». Ed è ora di tornare da dove siamo partiti, scegliendo stavolta una prospettiva diversa.
Saliamo sulla Nuvola, il nuovo quartier generale di Lavazza costruito su progetto dell’architetto Cino Zucchi, che, oltre agli uffici e ad altri spazi che verranno aperti anche alla città, presto ospiterà ben cinquecento metri quadri di gusto ed esperienza: manca davvero poco, infatti, all’inaugurazione di Condividere by Lavazza.
Studiato insieme allo chef Ferran Adrià proporrà un nuova concezione di cucina ispirata alla condivisione informale dei piatti d’autore. A guidare la brigata e a gestire il ristorante ci sarà il giovane e brillante chef italiano Federico Zanasi. Mentre, a mettere a punto la filosofia del ristorante improntandola sull’idea di un’alta cucina alla portata di tutti, in un mix tra tradizione e innovazione è stato lo stesso Adrià. A rendere ancora più unico tutto il progetto di Condividere sarà inoltre l’allestimento, firmato dallo scenografo premio Oscar Dante Ferretti. La sua scenografia colorerà inoltre l’area dedicata alla coffee experience, dove sarà possibile concedersi, indisturbati e con tutta calma, il rito finale del caffè. Non resta che attendere, dunque, l’inaugurazione ufficiale!
Spazio7: via Modane, 20
Condividere: via Bologna, 20
EDIT: piazza Teresa Noce, 15/A
Ristorante e Lounge Bar Piano 35: Grattacielo Intesa Sanpaolo in corso Inghilterra, e
Snodo: c.so Castelfidardo, 22
Quattro ristoranti, quattro location, quattro modi di assaporare Torino: non è l’inizio del reality dell’amato chef Alessandro Borghese, ma una panoramica sulle cucine contemporanee della nostra città. Quattro chef, quattro nomi e quattro filosofie, simili nella volontà di offrire prodotti stagionali e di qualità, ma diverse nella loro declinazione, frutto di visioni del tutto personali: Les Petites Madeleines di Stefano Sforza, Chiodi Latini New Food, Hafastorie attraverso le mani di e, infine, Cannavacciuolo Bistrot, aperto dalla star della cucina Antonino Cannavacciuolo e portato avanti con passione da Nicola Somma.
Immaginate ora un hotel nel centro città, costruito nel 1872; immaginate di scivolare oltre le sue porte scorrevoli, di ricalcare i passi di grandi personaggi storici come Guglielmo Marconi, Arturo Toscanini, Pietro Mascagni, di osservare le montagne attraverso le sue finestre come fece Maria Callas, di sentire ancora tra le pareti le vibrazioni blues che Louis Armstrong ha lasciato al suo passaggio. Immaginate un elegante palazzo sabaudo impregnato di storia, ma lasciate da parte l’immagine polverosa che può comunicare la decadenza degli anni. Questo è il Turin Palace Hotel, vincitore del Travelers’ Choice Hotel Awards 2017 di Tripadvisor, incarnazione della discrezione, riservatezza e naturale eleganza torinese che ha fatto innamorare regine e rockstar internazionali. Nel 2007 la struttura però chiude per effettuare lavori di rinnovo, affacciandosi nuovamente al panorama torinese nel 2015, dopo un lungo intervallo, in una veste più moderna e funzionale, che non tradisce però le sue origini.
Ed è proprio il tempo l’elemento che viene esaltato nella cucina del suo ristorante, Les Petites Madeleines: il tempo speso nel selezionare con cura le materie prime, le tempistiche da rispettare per la cottura, l’impiattamento. Le basi della proposta gastronomica sono tutte nel suo ‘Spaghettone Antico Pastificio Fabbri e pomodoro’, «piatto solo all’apparenza semplice, perché la sua perfezione è una calibrata armonia di ingredienti – come sottolinea lo chef Stefano Sforza – La buona cucina richiede ricette di valore, ma soprattutto tempo, dedizione e passione».
Il mondo della ristorazione nella nostra città non guarda però solo alla tradizione, ma si affaccia con coraggio anche sul futuro, dove le nuove frontiere del gusto vengono superate da ristoratori creativi.
‘The Independent’ ha recentemente stilato una lista di 10 città che hanno molto da offrire ai viaggiatori vegani, e la sindaca Appendino, dall’animo green, è stata orgogliosa del risultato: la nostra città è la prima della classifica, capitale indiscussa con ben 30 ristoranti vegan friendly. Alla base della cucina di Antonio Chiodi Latini, c’è una proposta di ristorazione che non prevede l’utilizzo di materie prime di origine animale.
Al numero 33/C di via San Quintino, il suo locale stravolge ogni aspettativa: nella regione della carne di fassona, del bollito misto, dello stufato di manzo, della carne cruda e dei salami, Chiodi Latini New Food è la voce fuori dal coro, che si innalza audace ad abbracciare quell’idea di cucina vegetale-integrale teorizzata da Colin Campbell e Rudolf Steiner, e che prevede l’utilizzo di alimenti nella forma più vicina al loro stato naturale. Una sperimentazione continua, una cucina sempre in divenire, questa è la scelta culinaria dello chef, che sposa quella che molti vedono come la filosofia alimentare del futuro.
L’eleganza misurata del centro città, si scontra con i rumori e i colori di piazza della Repubblica che ospita il più grande mercato all’aperto d’Europa e che trova, nella Galleria Umberto I, un passaggio di confine: la Torino barocca incontra la Torino cosmopolita. E qui troviamo Hafastorie, il locale aperto nell’aprile del 2017 che unisce la tradizione piemontese a quella marocchina, seguendo i passi dello storico Hafa Cafè.
In arabo, Hafa significa ‘limite’ e non a caso il termine è stato scelto per identificare i due locali: vuole evocare il L’eleganza misurata del centro città, si scontra con i rumori e i colori di piazza della Repubblica che ospita il più grande mercato all’aperto d’Europa e che trova, nella Galleria Umberto I, un passaggio di confine: la Torino barocca incontra la Torino cosmopolita. E qui troviamo Hafastorie, il locale aperto nell’aprile del 2017 che unisce la tradizione piemontese a quella marocchina, seguendo i passi dello storico Hafa Cafè. In arabo, Hafa significa ‘limite’ e non a caso il termine è stato scelto per identificare i due locali: vuole evocare il desiderio di ampliare e superare il confine tra identità e mondi diversi, attraverso il cibo e la cucina. Hafastorie è un ristorante che propone piatti dai sapori contrastanti, una fusion di idee che, nelle mani di Christian Milone, chef stellato della Trattoria Zappatori di Pinerolo, diventa arte culinaria. Il terreno d’incontro è un loft di 200 metri quadrati, curato dalle proprietarie Milli Paglieri e Stefania Codecà: la zona del locale è delimitata da scaffali alti quattro metri, dove trovano spazio tappeti, tovaglie, tajine di terracotta, piatti dipinti, barattoli di spezie, olio di argan, acque di fiori, accanto a dolci e prelibatezze locali. Le grandi vetrate, poi, mostrano un ambiente composito, con piastrelle colorate e tavolini in ottone battuto a mano: nulla viene nascosto alla vista, tranne il piano superiore, dove l’atmosfera diventa ancora più immersiva grazie ai tavoli realizzati con vassoi in metallo e ai cuscini adagiati davanti al camino.
L’atmosfera cambia ancora spostandoci nell’ultimo ristorante, il Cannavacciuolo Bistrot di via Cosmo 6, alle spalle della Gran Madre. La Torino del pre-collina offre una vista diversa sulla città, e un distacco dal caos delle vie centrali e dei quartieri giovani, gremiti di studenti universitari.
Un nome una promessa, quella di una cucina di alta qualità, composta da materie prime importanti che richiamano la terra natia dello chef: Antonino Cannavacciuolo non dimentica le proprie origini, e porta sempre con sé i piatti della sua tradizione. «Sono profondamente legato al Piemonte, è la mia terra d’adozione e qui sono cresciuto sia professionalmente che umanamente. Inoltre è qui che ho conosciuto Cinzia, mia moglie, che mi ha dato due splendidi bambini. Insieme a lei ho iniziato questo bellissimo percorso. Dopo Villa Crespi ad Orta San Giulio, e Cannavacciuolo Café & Bistrot di Novara, ho sentito che era arrivato il momento di rendere omaggio a questa regione, che con gli anni ho avuto il piacere di conoscere sempre di più». Nell’elegante cucina torinese lo chef Nicola Somma tiene alto l’orgoglio campano. Scelto a guidare la brigata per i suoi numerosi meriti culinari, una qualità su tutte ha colpito Antonino: a Nicola piace mangiare, e gli piace mangiare bene.
Il 2018 sarà l’anno dello Torino Food Explosion, questa non è una somma di opportunità ma un vero e proprio movimento. Per comprenderlo va esplorato e vissuto con atteggiamenti slow. Bandito il fast riscoprite questa città attraverso le rotte del gusto. C’è davvero tanto da conoscere e Torino non ha fretta.
Les Petites Madeleines: via Sacchi, 8
Chiodi Latini New Food: via Bertola, 20/B
Hafastorie: Galleria Umberto I, 10-13
Cannavacciuolo Bistrot: via Umberto Cosmo, 6
(Foto ACCADEMIA BOCUSE D’OR ITALIA: LIDO VANNUCCHI / BOCUSE D’OR CANNAVACCIUOLO BISTROT / CHIODI LATINI NEW FOOD: PLASTIC WOMBAT / DEL CAMBIO / EDIT / SLOWFOOD / SNODO / SPAZIO 7: GIORGIO PEROTTINO, SARA D’INCALCI / PIANO35: DAVIDE BARASA)