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Abu Dhabi

Le mille e una notte del futuro

di Guido Barosio

Inverno 2018

ABU DHABI, DOVE LA RICCHEZZA HA SCELTO LA CULTURA PER SUSCITARE MERAVIGLIA. 8MILA ANNI DI CIVILTÀ SI INCONTRANO NEL NUOVO LOUVRE E NELLA FORMIDABILE MOSCHEA ZAYED, NATA PER UNIRE IL MONDO. TRA MARE, GRATTACIELI E DESERTO, UNA DESTINAZIONE CONCEPITA PER SORPRENDERE

Questo non è un viaggio come tutti gli altri, questa è una porta aperta verso il futuro, perché ci racconta di come l’uomo possa radicalmente trasformare la natura per poi, altrettanto rapidamente, prendersene cura. Questa è l’avventura che parte da un’improvvisa ricchezza smisurata e dall’irripetibile opportunità di investirla in qualcosa che non siano solo numeri affidati alle banche. Perché col 10% delle riserve petrolifere di tutto il mondo si possono fare tante cose che restano: sistemi avanzatissimi di sostenibilità ambientale, sofisticati studi sull’energia pulita, università d’eccellenza, oasi del divertimento coi grandi brand internazionali, hotel che sono città, una città funzionale come un hotel a cinque stelle, grattacieli come in un manuale di architettura, luoghi per la fede e la cultura che siano la nuova agorà, forse un nuovo Rinascimento dove prima c’era il deserto, di fronte al mare, nell’Arabia Felix del nuovo millennio. E chissà se lo sceicco Zayed bin Sultan Al Nahyan, discendente di una tribù di allevatori di cammelli e pescatori di perle, ebbe mai questo pensiero quando, all’inizio degli anni Sessanta, scoprì di non essere seduto solamente su un cassone di sabbia di fronte al Golfo Persico ma che, sotto quel cassone, c’erano giacimenti di petrolio e di gas naturale che avrebbero cambiato la storia del suo mondo, e anche un poco del nostro. Di certo fu lui l’uomo della trasformazione, il primo a comprendere le enormi potenzialità legate allo sfruttamento dell’oro nero e del gas naturale. Ma, si sa, una ricchezza inimmaginabile, quando arriva velocemente, può far commettere ogni sorta di errori.

Invece Zayed fu un politico lungimirante: fondò gli Emirati Arabi Uniti (di cui fa parte anche Dubai), assicurò alla sua famiglia il ruolo di guida assoluta nella federazione, aprì le porte a un Islam tollerante e disponibile al dialogo, favorì l’arrivo degli stranieri e, grazie a loro, garantì al proprio paese una posizione di preminenza nella finanza, nella tecnologia, nell’architettura e nelle arti. Suo figlio, Khalifa bin Zayed Al Nahyan, prosegue la sua opera dal 2004 con i medesimi obiettivi. Oggi Abu Dhabi conta un milione 500mila abitanti che per l’80% sono stranieri. La minoranza araba controlla sostanzialmente tutte le risorse economiche e amministra il potere – politico e finanziario – mentre gli ospiti’ hanno lavori legati alla propria formazione, ma anche al paese d’origine.

Lo skyline diurno di Abu Dhabi

Lo skyline notturno di Abu Dhabi

Inglesi, statunitensi, italiani, francesi, tedeschi, spagnoli, giapponesi e australiani presidiano le posizioni manageriali in genere, lo scenario tecnologico e quello delle energie rinnovabili, il settore (particolarmente florido) della ristorazione d’alto bordo e dell’hotellerie di lusso.

La piscina aerea del Crowne Plaza

Pakistani, egiziani, marocchini, filippini, indiani e cingalesi si occupano di tutte le attivita di base: edilizia, servizi, accoglienza nelle strutture alberghiere e turistiche, alta e bassa manovalanza. Abu Dhabi è un emirato concepito a misura di auto: strade ampie e tirate a lucido ovunque, anche nel deserto, un parco veicoli che sembra appena uscito da una grande concessionaria, benzina che costa meno dell’acqua minerale. In sostanza, non esistono mezzi pubblici perché non ce n’è bisogno. Ma occhio ai divieti, perché qui vengono imposti (e rispettati) meglio che in Svizzera: proibito fermarsi lungo la carreggiata, limiti di velocità severissimi con autovelox ovunque, e ce n’è anche per i pedoni, chi attraversa fuori dalle strisce è sanzionabile con 100 euro di multa. Più in generale, si può dire che Abu Dhabi è un luogo dove la delinquenza non esiste, non perché ci si senta osservati dalla polizia (noi non abbiamo quasi mai visto un agente), ma semplicemente perché il reato non viene ritenuto un’opzione praticabile. Quella che tutti sembrano ritenere la punizione più grave è l’espulsione con rientro proibito, per chi ha scelto di vivere negli Emirati l’inserimento nella black list equivale ad un danno irreparabile. Lo scenario che si presenta di fronte al visitatore meno frettoloso è stimolante come pochi altri a livello internazionale. Si affronta una particolarissima sintesi tra mondo arabo e occidentale, tra opulenza e capacità organizzativa, tra attenzione alla sostenibilità del pianeta e vertigine architettonica. A volte si ha la precisa sensazione che venga praticata una sorta di shopping d’élite a livello planetario, se c’è qualcosa di bello o di iconico viene acquistato o, al limite, noleggiato: squadre di calcio, il Manchester City è di proprietà di Mansour bin Zayed al Nahyan, il fratello dell’emiro; eventi sportivi, l’ultimo Gran Premio di Formula 1 e la Coppa del Mondo di football per club si celebrano qui; archistar, la cui creatività viene incoraggiata senza limite di budget; grandi musei, con gemellaggi onerosi che portano sul golfo Louvre e Guggenheim; persino la Ferrari ha visto nascere ad Abu Dhabi il proprio primo parco a tema.

Il circuito del Gran Premio di Formula 1

Però attenzione, non si tratta di imitazioni, o di operazioni mordi e fuggi, tutto risponde a un progetto, a una logica ben precisa. Mentre la Cina degli anni Novanta investì in una modernizzazione feroce senza scrupoli, puntando sulle copie a basso costo per invadere i nostri mercati, edificando città alveare che erano lontane parenti delle metropoli statunitensi, negli Emirati si è sviluppato il culto del brand, quello di assoluta eccellenza, quello originale. Così – come accadeva in Italia nel Rinascimento – vengono chiamati a raccolta, ma non rapiti, i talenti per ‘fare’, per lasciare un segno superando la volatilità del greggio. Parallelamente, le griffe occidentali sono un cult da esporre e vendere in sofisticate boutique monomarca, così il made in Italy o il made in France incontrano una clientela internazionale sempre crescente. Dove Abu Dhabi sta vincendo la sua battaglia in famiglia con Dubai è sul fronte della diversificazione: nell’emirato gemello la bulimia costruttiva e la ‘shopping invasion’ hanno ormai toccato la soglia di guardia e le scorte petrolifere si avvicinano alla riserva, mentre il suo fratello maggiore sa di contare sul 90% del greggio dell’intera Unione e può permettersi una nuova sfida, complessa e suggestiva, quella di diventare la capitale culturale dell’intero mondo arabo. Sicuramente il modo più intrigante per rendere attraente uno dei luoghi più inospitali del pianeta. Abu Dhabi – che significa Il padre della gazzella’ – è tra i posti che si visitano per ciò che si è fatto e costruito e non per quanto la natura ha offerto. Anzi, sarebbe più logico dire nonostante’. Nonostante il caldo, assolutamente insopportabile in estate, nonostante il deserto che confina direttamente col mare, nonostante non ci sia nessun paesaggio veramente degno di nota. Una volta non ci sarebbe venuto nessuno. Ma oggi Abu Dhabi è la porta ideale per conoscere il deserto senza abbandonare i confort della capitale.

Le grandi dune del deserto arabo

Bastano poche ore di auto e le dune sono a portata di mano: alte, rosse, dorate, identiche a se stesse da millenni. Gli autisti le scavallano con perizia, si tuffano dall’alto in giochi di equilibrio, si arrestano in formazione dove bivaccano i cammelli. Quando scende la sera si accendono le luci del campo per la musica e la festa, per la cena sotto un immenso lenzuolo di stelle. Ma poi si riparte e si torna in città, nel proprio hotel, con gli occhi e il cuore rallegrati dalla formidabile esperienza di prossimità. Questo è Abu Dhabi, tutto in un pugno, anche gli estremi. E se nel mare sostanzialmente non ci si va, le piscine degli alberghi sono splendide e le cose da fare tantissime, basta saper scegliere, come nel menù di un ristorante stellato. Dicevamo della cultura. La scelta è stata strategica prima ancora che architettonica. Tutto ha avuto origine da un luogo che non esisteva, ma che è stato fatto apposta: Saadiyat Island, traducibile come Isola della felicità’. Si tratta di un’enorme oasi di terra artificiale, costruita in mezzo al mare a 500 metri dalla costa. Un posto sorto dal nulla per ospitare i progetti di cinque tra i più celebri architetti al mondo, tutti insigniti del Pritzker Architecture Prize, praticamente l’Oscar del settore. A Saadiyat Island si stanno costruendo, o verranno costruiti, il più grande Guggenheim del mondo da Frank Gehry, lo Zayed National Museum (in partnership col British Museum) di Norman Foster, il Performing Arts Centre di Zaha Adid, il Museo del Mare di Tadao Andō; ed è già stato inaugurato lo scorso anno il Louvre di Jean Nouvel. Tutti insieme daranno vita al Saadiyat Cultural District: la maggiore concentrazione di musei al mondo per metro quadrato. Il debutto del progetto lascia abbagliati (e non solo metaforicamente) per la bellezza della concezione, per l’impatto visivo, per la sofisticata, ma allo stesso tempo evidente, capacità di Jean Nouvel nell’interpretare questo crocevia di culture, per la varietà e il livello delle opere esposte, per l’originalità del percorso espositivo. Oggi non c’è niente come il Louvre di Abu Dhabi, probabilmente il più bel museo al mondo, sicuramente il più originale per allestimento e fruibilità.

Louvre Abu Dhabi, le geometrie esterne

Il primo problema che l’architetto si trovò ad affrontare fu quello del clima e della collocazione. Abituato a inserire i propri progetti in un contesto esistente, Nouvel dovette affrontare il vuoto, e il caldo. Il suo edificio prende spunto da due luoghi emblematici dello ‘scambio’: la medina col suo suk e il porto, col continuo andirivieni di genti e mercanzie. L’effetto visivo è magistrale: tanti edifici, 55 in tutto, apparentemente slegati tra loro ma in realtà strettamente connessi, dove dominano il candore dei moduli, la luce filtrata del cielo e del mare, il continuo saliscendi degli approdi. Si resta talmente conquistati dall’atmosfera, fiabesca e coinvolgente, da rimanere emozionati e assorti, quasi restii ad entrare. Ma è esplorando i suoi 87mila metri quadrati (o almeno una parte di essi) che si comprende appieno l’enorme portata culturale di questo museo universale’.

I sofisticati allestimenti di Abu Dhabi

La prima differenza che balza all’occhio rispetto alle maggiori istituzioni che vengono in mente – il Louvre originale, il British Museum, il Metropolitan… – sta nella selezione ed esposizione delle opere. I grandi musei classici sono la somma di collezioni accumulate nei secoli, preziose ma inevitabilmente disordinate nella logica, qualche volta disomogenee nelle epoche. Collezioni conservate in edifici troppo piccoli per esporre tutto, anche quando sono giganteschi. Ad Abu Dhabi tutto questo non è accaduto: il museo esibisce tutte le sue 620 opere (300 prestate dalla Francia, le altre acquistate appositamente), frutto di una selezione capillare e motivata dall’allestimento. In più gli spazi (come l’illuminazione) sono ampi e perfetti per una fruizione ideale, non si affaticano mai gli occhi per distinguere una cosa dall’altra.

Una statua dell’India medievale

Ma quello che conquista pienamente è la visione. Mentre ogni grande museo nazionale è ‘partigiano’, centrato su se stesso e figlio di una sola cultura dominante, il Louvre di Abu Dhabi ha scelto il confronto e il percorso parallelo. Si parte dall’antichità più profonda, con le prime figure umane, datate 8500 anni e create in Siria e Giordania, per arrivare alla Fontana di luce’ di Ai Weiwei del 2016. In mezzo la storia dell’uomo, epoca dopo epoca, ma vissuta in parallelo. In un dialogo seduttivo, e sovente inedito, le opere di ogni cultura si affacciano le une sulle altre, l’Europa e l’Asia, l’Arabia e l’Africa, le Americhe e l’Oceania. Può sembrare semplice, ma non era mai stato fatto nulla di simile. Alla fine del percorso si comprende una verità inconfutabile: siamo tutti diversi ma apparteniamo alla medesima specie. «Il Louvre Abu Dhabi cerca di cambiare il nostro mondo per il meglio»: sono parole di Saif Saeed Ghobash, direttore generale del Dipartimento per la Cultura e il Turismo. Missione compiuta. Resta da aggiungere che l’istituzione ospita sempre tre mostre temporanee di altissimo profilo, esposte in collaborazione coi musei francesi e dedicate, anche queste, al dialogo tra le culture. Fino al 16 febbraio si può visitare Road of Arabia’, coi tesori archeologici dell’Arabia Saudita: opere anche maestose, perlopiù sconosciute in Occidente, un viaggio avvolto nel mito che inizia dalla preistoria per arrivare a La Mecca. Resta invece avvolta nel mistero la data di esposizione del Salvator Mundi’ di Leonardo da Vinci, il quadro più costoso di tutti i tempi, acquistato per 450 milioni di dollari dal Dipartimento per la Cultura e il Turismo di Abu Dhabi. Sull’opera è ancora in corso un vero e proprio giallo che riguarda la sua attribuzione e gli interventi di restauro che lo avrebbero danneggiato.

Oltre al Louvre, le altre grandi attrattive dell’emirato hanno tutte come denominatore comune soluzioni architettoniche all’avanguardia. Restando sull’isola di aadiyat troviamo l’UAE Pavilion, il padiglione di Expo 2010 a Shanghai: le sue dune artificiali, ideate da Norman Foster, ospitano ogni anno la fiera internazionale Abu Dhabi Art. Dall’Observation Deck at 300 si gode il miglior panorama sulla città. La vetta è raggiungibile salendo al 74° piano della maggiore tra le due Ethiad Towers, a 300 metri di altezza. Il medesimo scenario, ma con una prospettiva diametralmente opposta, si può ammirare dalla maestosa Corniche Road: otto chilometri di lungomare tra giardini, arcate e gazebo, il luogo prediletto per le passeggiate di turisti e residenti. Altro grattacielo emblematico è l’ADNEC: realizzato nel 2007 su progetto dello studio RMJM (Robert Matthew e Johnson Marshall), ospita eventi culturali, meeting, esposizioni, ma anche matrimoni e cene di gala. Un discorso a sé merita l’Emirates Palace, tra i più lussuosi hotel al mondo.

A vederlo sembra un sogno moresco concepito leggendo Le mille e una notte’, ma in realtà si tratta di una costruzione inaugurata nel 2005 con l’obiettivo di dare allo sfarzo un indirizzo e una collocazione ben precisi. Posizionato nel cuore della Corniche, occupa il tratto più bello della costa, dispone di un porto privato e propone 400 stanze, con suite dove potrebbe alloggiare anche un piccolo esercito. Due dettagli hanno reso l’Emirates celebre oltre i confini di casa: il cappuccino con foglia d’oro e il bancomat dove l’oro si può ottenere cambiando contanti. Ma noi vi proponiamo un’esperienza unica e accettabile anche in termini di prezzo: il ristorante Mezlai Emirati (uno dei suoi 14) imbandisce ogni sera una cena dove la cucina araba tocca i suoi livelli più alti. Nel parco, circondati da un’atmosfera fiabesca, con le architetture dell’edificio principale a fare da sfondo, viene organizzato un buffet dove gli chef cucinano direttamente davanti ai vostri occhi agnello, gazzella, vitello e ogni possibile varietà di pesce… e ancora frutta e verdura disposte come per un’esposizione, tutte le entrée possibili della cucina mediorientale, dolci da soffocare la fantasia. Abbiamo sommariamente calcolato almeno 40 diverse opportunità di scelta. Servizio all’altezza dell’occasione. Da provare senza indugi. Ve la caverete con circa 80 euro a persona, non è poi così vero che gli Emirati sono costosi, anzi. A riprova che certi brand europei (e in questo caso italiani) sono amatissimi, si può fare una puntata al Ferrari World.

Nel culto della ‘rossa’, attrazioni a tema e uno sviluppo in superficie che supera ampiamente quello degli stabilimenti di Maranello. Se volete ritrovarvi il cuore in gola potete avventurarvi nell’esperienza dell’unica montagna russa in grado di raggiungere i 240 km/h in soli cinque secondi. E ora arriviamo al cuore spirituale del nostro viaggio: la visita alla Moschea Zayed, uno dei più spettacolari e suggestivi edifici della nostra epoca. Quando la si ammira all’imbrunire, nel momento in cui le luci si accendono ma non è ancora notte, si resta quasi paralizzati dalla meraviglia. Si ha l’impressione di non ammirare una moschea, una splendida moschea, ma qualcosa che va oltre, per la bellezza folgorante, per l’equilibrio delle forme, per l’eleganza intrecciata alla maestosità che si mostra in tutta la sua evidenza. Riflettendo da occidentale, questa tavolozza di emozioni ha una doppia valenza: la Moschea Zayed ti colloca in un luogo dello spirito – come San Pietro o Notre-Dame – ma rappresenta anche un approdo della fantasia, perché è impossibile non pensare ad Aladino e a ‘Le mille e una notte’, alle fiabe dell’infanzia popolate di sceicchi e principesse. Voluto dal fondatore degli emirati Zayed bin Sultan Al Nahyan come tempio che unisse il mondo, l’edificio ha dimensioni imponenti – tutta l’area misura 22mila metri quadrati, praticamente cinque campi da calcio – con quattro minareti alti 107 metri, mille colonne e 82 cupole. Al massimo della capienza può ospitare 41mila fedeli. All’interno, nella sala principale, si trova il più grande tappeto persiano del mondo, misura 5672 metri quadrati: due anni di lavoro per 1300 artigiani. Ma, conclusa la tessitura, si pose il problema del trasporto e vennero impiegati tre aerei per farlo arrivare ad Abu Dhabi. Dopo, gli stessi artigiani si incaricarono di rimontarlo nella moschea.

I riflessi sulle colonne delle vasche esterne della Moschea Zayed

Il tempio che unisce il mondo’ è tale sotto ogni punto di vista. Hanno infatti collaborato all’impresa un numero impressionante di nazioni – Cina, Germania, India, Iran, Italia, Turchia, Malesia, Marocco, Nuova Zelanda, Pakistan, Regno Unito… – sia attraverso la manodopera che per la fornitura di materiale, sovente preziosissimo. La Moschea Zayed esibisce il marmo di 28 paesi diversi e i grandi lampadari – tra cui il maggiore al mondo, 10 metri di diametro e 15 di altezza – sono in cristallo Swarovski. Di sera il bianco abbagliante dell’edificio si colora di blu, le colonne si riflettono nelle vasche esterne, l’immenso cortile centrale, prezioso di marmi e intarsi, assume una lucidità quasi trasparente. E tu percorri uno spazio fuori dal tempo, per poi allontanarti quasi con difficoltà, ancora stupito per quello che hai visto.

Esiste anche una Abu Dhabi fuori Abu Dhabi, e merita attenzione. A partire da Masdar City, ‘la citta sorgente’, un luogo in divenire concepito per essere CO2 free. Una volta completato (ma i lavori procedono celermente), sarà il primo agglomerato urbano a emissioni zero: utopia realizzata e vessillo ambientalista a livello universale. Inoltrandosi verso l’interno, a un’ora e mezza di auto dalla capitale, si raggiungono l’oasi di Al Ain, patrimonio UNESCO, e gli Qasr (fortezze) di Al Muwaiji e di Al Jahili. Quest’ultimo, col portale d’accesso incorniciato da orgogliose torri simmetriche, è stato insignito nel 2016 col Terra Award, prestigioso riconoscimento che premia le migliori architetture in terra cruda al mondo.

All’interno si può visitare la bellissima esposizione permanente dedicata a Wilfred Thesiger, conosciuto in Arabia come Mubarak bin London, singolare figura di esploratore, scrittore di viaggi e soprattutto fotografo. Le sue immagini, in un bianco e nero magistrale, ci restituiscono il fascino ancestrale di una penisola araba ante petrolio: dune, deserto, carovane, falconeria come rito e unico svago. Ed è proprio alla falconeria che dedichiamo la nostra ultima tappa.

Filo di connessione tra passato antichissimo e modernità, l’amore per il falco non ha mai cessato di esistere. Il luogo più emblematico di questa pratica è l’Ospedale dei Falchi: struttura all’avanguardia nella cura degli animali, il centro ha anche il compito di divulgare e raccontare un’arte antichissima, da sempre la più amata dalla popolazione originaria degli Emirati. Dopo aver visitato i luoghi di degenza, gli ospiti hanno il privilegio di un incontro ravvicinato col falco. Tu indossi il guanto e lui si posa senza alcun timore, anzi ti guarda fisso inclinando leggermente il capo. Nel suo sguardo si legge un monito e sei quasi certo che ti dica «maneggiami con cura, perché questa è casa mia. Io c’ero già prima di tutti, sono io il signore del deserto». Abu Dhabi non prevede rituali di avvicinamento, offre rapidamente ciò che promette: ricchezza esibita e cultura d’eccellenza, un modello di sviluppo probabilmente inavvicinabile, una storia antichissima che fa capolino tra i grattacieli, grattacieli concepiti per rivaleggiare in bellezza, un mondo nuovo che promette di meravigliarti, e ci riuscirà. La parola futuro qui ha un senso compiuto, scegliere Abu Dhabi vuol dire imparare a pronunciarla di nuovo.

Link utili:

Louvre Abu Dhabi

Guggenheim Abu Dhabi

Zayed National Musum – Norman Foster

Performing Arts Centre – Zaha Hadid

(Foto di GUIDO BAROSIO e MARCO CARULLI)