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Svizzera

Arte, liquide trasparenze, sapori d'autore

di Guido Barosio

Inverno 2022

UN VIAGGIO VERSO LA DIMENSIONE PIÙ EDONISTA E COLTA NELLA NAZIONE DAI RECORD INATTESI: ARTE E MUSEI, FESTIVAL E CREATIVITÀ, STELLE MICHELIN E CUCINA D’AUTORE. INCONTREREMO I GRANDI DEL JAZZ A MONTREUX, IL MANIERO DI CHARLIE CHAPLIN, L’ARTE DEL FUTURO A LOSANNA, L’ALIMENTARIUM DI VEVEY E I TOP CHEF DI FRIBURGO

Nella confederazione rossocrociata le città d’arte si pucciano in acque terse, incassate tra ininterrotte catene di monti, come scriverebbe il Manzoni. La geografia ha premiato la storia e la politica di un paese alpino che ha sempre manifestato un solo desiderio: proteggere se stesso e prosperare. La sua neutralità risale al 1516 – frutto strategico di una batosta colossale subita dai francesi – per essere ribadita al Congresso di Vienna nel 1815. Così, mentre l’Europa procedeva spedita di massacro in massacro, come nei due conflitti mondiali, gli elvetici, zitti zitti, prudenti per elezione, sviluppavano un’economia solidissima, e la massima ricchezza del continente. Magnificamente riscontrabile in una corona urbana (qualcuno parla di banche travestite da città) che comprende, in ordine sparso: Ginevra, Vevey, Montreux, Losanna, Friburgo, Basilea, Lugano, Lucerna, Zurigo, Zermatt, Neuchâtel, Sion, Winterthur… L’unica a toccare i 400mila abitanti è la “tedesca” Zurigo, le altre tutte sotto i 200mila, dimensioni ideali per una qualità della vita che non ha eguali in Europa. Il patrimonio idrico è impressionante: sessantunmila chilometri di corsi d’acqua e 1500 laghi, la massima riserva idrica dal Portogallo agli Urali. Mentre il 61% del territorio è montuoso, e più della metà delle vette alpine oltre i 4000 metri (48 su 82) sono elvetiche. Così la Svizzera degli instagrammer ha una inquadratura d’obbligo: città, fiume o lago, montagna. Quasi sempre insieme, cambia solo la disposizione. Quella che è cambiata negli ultimi dieci anni è l’attitudine “a prendere la vita” della popolazione, perché oggi valori come cultura ed edonismo si sono evidentemente dilatati. Merito anche dei nuovi svizzeri: cittadini del mondo, giovani (sovente famiglie con bimbi), di reddito elevato, professionisti altamente specializzati richiamati dai settori d’eccellenza, bancario e farmaceutico in testa. Banditi gli orari degli anni sessanta (quando si cenava alle 19 e anche prima), arricchita l’offerta di spettacoli e gallerie d’arte, letteralmente esplosa la ristorazione d’eccellenza. Nativi e “neo-suisse” premiano una ristorazione che ha il maggior numero di stelle Michelin pro capite al mondo. I titolati sono ben 138 nella guida 2023, 4 a tre stelle (1 nuovo), 25 a due stelle (5 nuovi), 109 a una stella (30 nuovi). Gli stili, in continua evoluzione come tutto il resto: cucina classica di matrice francese, italiana, creativa e di ricerca, proprie quella che muove i globetrotter gourmet, che da tempo hanno messo la Svizzera in mappa. I numeri dell’arte sono ancora più sorprendenti: a parte Art Basel, la più grande fiera mondiale della contemporaneità, si conta un palinsesto di 1118 musei (di cui 165 esclusivamente d’arte), che è la massima concentrazione conosciuta. Gli oggetti conservati sono 75,7 milioni e i visitatori 13,5 milioni ogni anno. Quanti sono gli Svizzeri? 8.700.000. Lascio a voi tirare le somme

Prima tappa: Montreux, dove Freddie Mercury domina il suo lago

La statua di Freddie Mercury a Montreux

La statua di Freddie Mercury a Montreux

Suoni nell’aria e suoni nella storia. Basta andare sul lungolago – dove si trova la statua di Freddie Mercury, opera di Irena Sedlecká – per cogliere il mood di questa cittadina appoggiata tra i monti e il lago Lemano: 27mila abitanti, un microclima mediterraneo e una tradizione musicale perennemente rinnovata da un jazz festival di fama universale. Ma torniamo a Freddie Mercury, frontman dei Queen, band che scelse la località per poter comporre in santa pace, lontano dalle distrazioni londinesi. Il feeling fu tale che il gruppo acquistò i Mountain Studios e realizzò a Montreux ben sei album, compreso l’ultimo prima della morte di Freddie: Innuendo. L’artista, ormai in fin di vita, registrò il brano conclusivo – Mother Love – tra il 13 e il 16 maggio 1991. E, prima del definitivo trasferimento a Londra, passò le ultime settimane nella casa in riva al lago – la Duck House – che aveva acquistato lo stesso anno. L’amore di Freddie Mercury per il Lemano è testimoniato dal testo di A Winter’s Tale: «Così calmo e placido, tranquillo e beato, c’è una specie di magia nell’aria…». Il mito di quegli anni si può percepire al Queen – The Studio Experience, museo dedicato alla band, collocato negli spazi degli ex Mountain Studios. Ma è la statua il vero rito di passaggio per tutti gli appassionati; dove Freddie avrà per sempre il pugno sollevato al cielo migliaia di fans si danno appuntamento per il suo compleanno, ogni 5 settembre. Dal 1967 Montreux è sinonimo di jazz, con un festival che porta ogni anno in riva al lago 250mila appassionati, decuplicando la popolazione residente. Anche se la musica afroamericana mantiene un ruolo di rilievo, il panorama musicale si è allargato in ogni direzione, e con ogni possibile contaminazione. Tra gli artisti più celebri che si sono recentemente esibiti, con più passaggi nel corso degli anni, ricordiamo: Sting, Jamiroquai, Bob Dylan, Eric Clapton, George Benson, Paul Simon e, nel 2022, Björk, Melody Gardot, Diana Ross e i nostri Maneskin. L’edizione del 2023 si terrà dal 30 giugno al 15 luglio. Per respirare a tavola, e tutto l’anno, l’atmosfera del festival il luogo cult è il Montreux Jazz Café, inserito nella cornice del Fairmont Le Montreux Palace, proprio di fronte al Lemano. Il mood è quello segnalato nel nome, siamo in un american bar anni cinquanta: caminetto, sedute comodissime, atmosfera ovattata, cimeli del festival.

I sotterranei del castello di Chillon e Il Montreux Jazz Café

I sotterranei del castello di Chillon e Il Montreux Jazz Café

Il luogo ideale per incontrare gli artisti nelle due settimane dell’evento. In carta i grandi classici sono il BB Burger, il pollo marinato con la ricetta adorata da Quincy Jones, la cheesecake dedicata a Ella Fitzgerald. A pochi chilometri dal centro si cambia radicalmente atmosfera visitando il fiabesco castello di Chillon che, nel 2021, ha superato le 200mila presenze. Costruito a partire dal XII secolo, l’edificio è l’assemblaggio di cento costruzioni indipendenti e si tuffa verso le acque del lago, con le sue torri fortificate, da un piccolo promontorio roccioso. Intriso di storia e di leggende si percorre, sala dopo sala, fino ad arrivare alla magnifica cappella affrescata. Di grande fascino le cantine e gli spazi al livello delle acque, antiche prigioni, con le finestre chiuse da sbarre. Luoghi sinistri e struggenti allo stesso tempo, qui Lord Byron ambientò un celebre poema: Il prigioniero di Chillon. Meritano attenzione le opere – esoteriche e fiabesche – dell’artista Caroline Tschumi, impreziosiscono gli ambienti con un tocco onirico fuori dal tempo.

Il Grand Hotel Suisse Majestic

Il Grand Hotel Suisse Majestic

E ora il miglior ristorante di Montreux, anche se la sua è una collocazione a sé, entre ciel et terre, come cita il motto di Glion, borgata dalla collocazione vertiginosa, a dominare tutto quanto la circonda. Il nome è il medesimo dell’istituto per la formazione aziendale “di lusso” nel settore dell’ospitalità. In quell’edificio, arrampicato verso l’alto, si trova Maison Décotterd, una stella Michelin, con la grande sala foderata di cristallo che sovrasta il Lemano, Montreux e persino la Svizzera intera. Siamo nel regno di Stéphane Décotterd, chef figlio di questi luoghi, che ha trovato il suo approdo ideale a Glion, giusto un anno fa. Si presenta con parole tanto semplici quanto eloquenti: «La mia cucina è naturalmente innamorata di questo delizioso territorio, situato tra laghi, foreste e montagne – e ancora – tutto nasce dai rapporti personali che intrattengo quotidianamente con i miei clienti e coi fornitori. È un dialogo continuo, fatto di opinioni che si armonizzano, di una costante evoluzione che non abbandona mai la natura circostante». Detto che Maison Décotterd ospita anche un bistrot e un lounge bar, veniamo alla clientela: «Per il 40% è di Montreux – ci spiega Stéphane – e il 70% sono Svizzeri. Quindi abbiamo anche molti stranieri, grandi appassionati che arrivano da ogni dove». In tavola cosa ami di più proporre? «Sono uno chef fortunato, nel giro di pochi chilometri sono reperibili, a livelli di assoluta eccellenza, il pesce, la carne e la cacciagione. Avete provato il capriolo selvaggio? Posso considerare questo piatto la sintesi del mio pensiero». L’albergo consigliato è il Grand Hotel Suisse Majestic. Difficile immaginare una posizione migliore: davanti il lago, con la sua maestosità, e dietro (proprio a due passi) la ferrovia. Ma quello che si ama maggiormente del Majestic è l’atmosfera Belle Époque, con grandi tappeti, lampadari a goccia e boiserie. Sembra quasi di veder apparire un frac svolazzante. Anzi, forse è apparso per davvero.

Seconda tappa: Il culto dei sapori e il rifugio di Charlot

Le architetture neogotiche del lungolago di Vevey

Le architetture neogotiche del lungolago di Vevey

Vevey e Montreux sono separate da soli sette chilometri, e godono del medesimo contesto: dolcissimo affaccio sul Lemano, che si trasforma in una lunga passeggiata lungolago, per indolenti flâneur. La differenza più evidente è la grande forchetta piantata nell’acqua (la più alta al mondo, otto metri, opera dello scultore Jean-Pierre Zaugg), che segnala la presenza di Alimentarium, innovativo spazio dedicato al cibo, ubicato nell’elegante palazzina prospiciente. Molto più di un museo, questo vero e proprio progetto sull’edibile incoraggia tutti, in modo ludico, a comprendere la nutrizione nel suo contesto culturale e scientifico. L’Alimentarium contribuisce a risvegliare l’interesse del pubblico per le questioni passate e presenti riguardanti l’alimentazione umana. Il suo filo conduttore è comprendere la rilevanza del cibo per la salute, le comunità e il pianeta. Mentre l’approccio è risolutamente interattivo, coi visitatori chiamati a confrontarsi con le diverse installazioni. Si gioca e si apprende quindi, e anche i fruitori più giovani possono partecipare, anzi sembrano essere proprio loro i veri protagonisti del percorso. L’agricoltura, il viaggio degli alimenti, la loro trasformazione e la sostenibilità, il cibo nel cinema, la ristorazione nei diversi contesti internazionali, sono i temi che vengono rivelati con toni sempre complici e accattivanti.

Il palazzo che ospita Alimentarium e La grande forchetta di Alimentarium

Il palazzo che ospita Alimentarium e La grande forchetta di Alimentarium

Al piano superiore è visitabile l’esposizione temporanea FOOD2049, dedicata alla visione del cibo nella fantascienza, anticipatrice di un futuro distopico non sempre così lontano dal reale. La Svizzera è per sua natura – disponibilità, bellezza, serenità, protezione – un luogo eletto ad abitazione, e seconda patria, da grandi personaggi della cultura universale. Solo per rimanere da queste parti: Georges Simenon, Maurice Béjart, Hugo Pratt e Charlie Chaplin. Anzi, per il grande attore e regista statunitense la parentesi elvetica fu particolarmente lunga e felice. Era il 1952 quando il creatore di Charlot venne espulso dagli USA durante il maccartismo; per una somma di cause il suo passaporto britannico non venne prontamente rinnovato, così si trovò esule e in cerca di un asilo in tempi rapidissimi. Approdò in Svizzera per innamorarsene risolutamente, al punto di acquistare il Manoir de Ban vicino a Vevey. Ne seguirono anni prolifici dal punto di vista artistico: sceneggiò A King in New York, A Countess from Hong Kong e The Freak, scrisse My Autobiography.

Chaplin in una statua di Grévin

Chaplin in una statua di Grévin

Ricevette le visite di Truman Capote e Albert Einstein, vide nascere quattro dei suoi cinque figli e visse in grande armonia con l’edificio e il paesaggio circostante. Quando Charlie Chaplin morì, nel 1977, erano passati 25 anni dal suo arrivo. La sua famiglia continuò a risiedere al maniero fino al 2008, e, nel 2016, venne inaugurato Chaplin’s World, un museo interattivo differente da ogni altro, a metà strada tra il parco giochi e la memoria, popolare ma elegantissimo, in un allestimento che si percorre come una fiaba. Gli spazi da visitare sono tre (mettete in conto due ore abbondanti che passeranno come un attimo): il Maniero, che permette di accedere agli appartamenti privati (sembrano lasciati solo pochi minuti prima dai proprietari), lo studio hollywoodiano – con sala cinematografica, ricostruzione dei set tra i quali aggirarsi, statue del Museo Grévin a grandezza naturale, dove il rito dei selfie è inevitabile – e il grande parco tanto amato da Chaplin. Il confronto col mito ci ha reso partecipi, tra più di un sorriso e un velo di commozione. Nel lasciare il Manoir le parole del Maestro ci accompagnano: «In mezzo a tale benessere io mi siedo sulla nostra terrazza al tramonto del sole, e contemplo la vasta distesa di parti verdi e il lago in lontananza. E, oltre il lago, la presenza rassicurante delle montagne. Resto là senza pensare a niente, ad assaporare questa magnifica serenità»

Terza tappa: Losanna, l’arte del futuro e lo sport di ogni epoca

La cattedrale di Losanna

La cattedrale di Losanna

Io amo Losanna sin dal mio primo viaggio. Per me non è solo la più bella città della Svizzera, ma una delle più piacevoli e intriganti d’Europa. Innanzitutto per come la natura e la storia l’hanno piazzata: in faccia al lago Lemano, come la vicina Ginevra e le altre di questo reportage ma, in più, con quel sistema di colline e sali-scendi che offrono sempre nuove prospettive. Poi si gode di una offerta artistica e culturale da vera capitale: la Fondation Béjart Ballet Lausanne, la Cattedrale con le sue esoteriche vetrate, la Collection de l’Art Brut, il Palais de Rumine, il Campus Universitario & Rolex Learning Center, il Museo de l’Hermitage, solo per citare il meglio. Ed è impossibile non restare affascinati dal suo amore per il nuovo senza paura, perché il Flon (ne parleremo) e Plateforme 10 (anche) sembrano sorti dal nulla, o meglio a New York, dove la Brooklyn del futuro si chiama Dumbo. Infine – ed è un mondo a se stante – Losanna stupisce ancora per quell’avamposto dello sport mondiale che è il Museo Olimpico, a ricordarci che i Giochi sono nati in Grecia, ma è a Losanna, sede del CIO, e dei suoi 205 Comitati Olimpici, che vengono continuamente immaginati. Delle città centro-europee si usa dire che hanno tutto però manca il mare. Ecco, a Losanna il mare c’è, basta immaginarlo, con quel lago che quasi ti cela la riva opposta e una luce, nelle giornate di sole, che ti porta spedito in Costa Azzurra. Ma iniziamo da Plateforme 10, l’immenso spazio dedicato all’arte che ha preso il posto degli edifici industriali nei pressi della stazione.

L'arte incontra lo sport al Museo Olimpico

L’arte incontra lo sport al Museo Olimpico

Il risultato che oggi possiamo osservare desta non poco stupore, coi suoi due blocchi monumentali: un enorme hangar, il Museo Cantonale delle Belle Arti MCBA, e la candida astronave circondata dalla movimentata feritoia (una sorta di sorriso alieno), che ospita il Museo Cantonale per la Fotografia (Photo Elysée) e il Museo Cantonale di Design e Arti Applicate Contemporanee MUDAC. Per concepire, prima ancora che finanziare e realizzare, opere di questa qualità e dimensioni serve una visione lucida e azzardata dello spazio urbano, una fantasia architettonica lasciata libera di esprimersi, la volontà di considerare la città un luogo del divenire, in grado di ospitare nuove agorà che spostino paradigmi e certezze. Dove oggi sorge l’MCBA erano alloggiate le locomotive. Nei suoi grandi spazi candidi è stata esposta, in suggestivo contrasto, una preziosa collezione di arte classica. Le mostre invece, spaziano risolutamente verso la contemporaneità. All’interno dell’astronave i musei sono due: quello fotografico ha una impostazione didattica e affronta i vari temi della disciplina, invece le esposizioni propongono grandi maestri, come Josef Koudelka, in visione fino al 29 gennaio 2023.

La mostra A chair and you e Le sale del MCBA

La mostra A chair and you e Le sale del MCBA

Al MUDAC il design è raccontato con ampi orizzonti, a comprendere moda e arte contemporanea. L’attuale mostra A Chair and You (visitabile fino al 5 febbraio 2023) è un gioco delizioso, e spettacolare, sulle sedie in tutte le forme possibili: colorate, animate, sospese dall’alto, in dialogo tra loro, impossibili e bellissime. Indimenticabile. E adesso spostiamoci sul fronte lago per visitare il più bel museo sullo sport che sia stato mai concepito, quello Olimpico, inaugurato nel 1993 e costantemente arricchito con oggetti, filmati e proposte interattive. Ci troverete: video delle diverse edizioni (con gare e cerimonie di inaugurazione), tributi ai campioni più celebri, attrezzature, tutte le fiaccole olimpiche e tutte le medaglie. Completa l’offerta qualche suggestiva proposta ludica e interattiva. Subito fuori, nel parco olimpico, sono poste in bella mostra opere di Botero, Rodin, Niki de Saint Phalle e Jean Tinguely. Tornati in città consiglio agli appassionati di libri vintage una sosta alla Libraire de la Louve (piazza omonima), curata Emanuel Landot: il luogo più simile alla Biblioteca di Babele di Borges che abbia mai conosciuto.

Losanna murales al Flon

Losanna murales al Flon

Di giorno come di sera non perdetevi una passeggiata al Flon, la prima, significativa, trasformazione urbana del centro. Dove una volta sorgevano magazzini di ogni genere, oggi, in quegli edifici cubici, recuperati o reinventati, si trovano cinema, empori alla moda, negozi di design, gallerie d’arte, pub e numerosi ristoranti di varia etnia. A due passi dalla stazione, quindi strategico, si trova l’Hotel Mirabeau: bel palazzo d’epoca, servizio di grande disponibilità e gentilezza, costi ragionevoli e uno charme d’antan che i veri viaggiatori sanno rispettare. L’ultima tappa, ma assolutamente da non trascurare, vi porterà alla Brasserie Les Trois Rois dieci minuti a piedi dal nostro hotel, in una via senza pretese. Ma ponetevi sull’attenti, perché questa è una vera, sincera, ruspante, trattoria svizzera come pensavo non ce ne fossero più. Affollata ogni sera dai nativi, turisti zero e menu di stampo medioevale: sanguinaccio con puree di mele, ossibuchi, lumache, rognoni, salsicce del Vallese…Tutto buonissimo, una macchina del tempo. Se siete vegani restate in albergo.

Quarta tappa: Friburgo, concepita dal diavolo, presidiata da funambolici chef

FriburgoLa Guida Conty del 1886 riporta, attribuendo la citazione ad Alexandre Dumas: «Friburgo sembra una scommessa fatta da un architetto stravagante dopo una cena copiosa: il terreno è stato accettato come Dio l’ha fatto, gli uomini ci hanno costruito sopra. Voilà, è tutto». La Guida Nagel del 1953 riporta la leggenda che vuole il diavolo architetto dispettoso nella città, edificata lasciando cadere gli edifici dove capitava: in alto, lungo le scogliere, sulle rive della Sarine… Nicolas Bouvier sintetizza questi concetti parlando di: «Demoni e meraviglie». È certo che, a un primo sguardo, Friburgo affascina proprio per questo suo impianto gotico anarchico e fiabesco, fatto di una parte alta, una bassa, lungo il fiume, più molteplici edifici aggrappati alle rocce. Ispirazione continua per generazioni di paesaggisti, ritratta più volte da Ruskin e Turner. Le ragioni artistiche per una visita sono tre: la svettante cattedrale gotica di San Nicola, con le coloratissime vetrate Art Nouveau, l’Espace Jean-Tinguely – Niki de Saint Phalle, il Museo dell’arte e della storia. La prima, duecentesca, costruita su uno sperone roccioso alto 50 metri, domina il centro storico e può essere scalata grazie ai 350 gradini del campanile. Panorama maestoso come ricompensa. Niki de Saint Phalle e Tinguely (che è nato qui), tra le più celebri coppie dell’arte contemporanea, colorano di allegria un luogo che testimonia il loro percorso, ma che ospita, in parallelo, originali esposizioni di giovani talenti.

Friburgo arte

A pochi metri di distanza si visita il Museo dell’arte e della storia, in gran parte dedicato alla pittura medioevale. Sontuosamente allestito su più spazi, e a diversi livelli, espone una delle maggiori raccolte europee sul tema. Friburgo è un ottimo esempio di cosa sia oggi la ristorazione elvetica: altamente qualitativa nei suoi ristoranti gastronomici, attenta a preservare le robuste tradizioni locali, creativa ma sempre con meticolosa attenzione ai prodotti del territorio. Per Romain Paillereau il cibo è una forma d’arte edibile. Il suo Les Trois Tours Bourguillon è aperta da meno di un anno e ha già ottenuto la stella Michelin. Ma la sensazione, piacevolissima, è quella di incontrare un talento in crescita, dove il risultato si vede in prospettiva. Oggi possiamo già considerarlo “una stella e mezza”, con la seconda quasi in tasca e il futuro a portata di mano. Perché? Per scelte che spaziano dalla prossimità più stretta al mondo, per il mare che fa capolino tra la cacciagione, per quei piatti composti da tre/quattro elementi al massimo che dialogano alla perfezione, perché non c’è mai nulla di troppo o di troppo poco in portate di matematica precisione. «Guardiamo sempre avanti, siamo curiosi e incontentabili – ci spiega Romain – la Svizzera è la capitale del nostro mondo, ma il nostro è un mondo senza confini».

Creazione di Romain Paillereau

Creazione di Romain Paillereau

Diverso ma complementare Le Pérolles, collocato nella parte contemporanea della città, è stato concepito dal grande architetto elvetico Mario Botta quarant’anni fa, ed è ancora incantevole oggi: spazi ampi (anche tra le sedute), luce che accarezza, dettagli d’ambiente e d’arredo che sono un modernissimo senza tempo. In cucina un maestro della cucina elvetica, Pierrot Ayer, una di quelle stelle (anche Michelin, ma non solo) di classe e di esperienza destinate a non tramontare mai, anche perché cucina e gestione sono un affare di famiglia. nostro menu è un trionfo di cacciagione – cervo, fagiano, piccione, capriolo – ma le preparazioni strizzano l’occhio all’oriente (tataki per la sella di cervo) e alle cotture a bassa temperatura: «La tradizione si evolve e occorre saper ascoltare. Mi piace lavorare coi giovani, e nella mia cucina ci sono professionisti di cinque nazionalità differenti. Poi c’è mio figlio Julien, il nostro futuro. Ci stimoliamo a vicenda». Si sprofonda nella tradizione al Ristorante Hotel de Ville, dello chef Frédérik Kondratowicz: sapori immortali di queste vallate, carni allevate o cacciate che sono l’emblema della maison, e grandi vini, tutti elvetici, in abbinamento. Referenze che gusterete solo qui, perché i prodotti locali, con produzioni minime e costi elevati, sono difficilmente esportabili. Sempre nel cuore del centro non mancate l’appuntamento col Café du Gothard, la migliore fonduta della città e una galleria d’arte alle pareti, dove Tinguely è protagonista indiscusso. E ora si riprende il treno per il rientro. Perché in Svizzera questo è il mezzo prediletto da tutti: 5100 chilometri di rete ferroviaria che arriva ovunque, puntualità cronometrica, coincidenze garantite sul filo dei secondi. Un vessillo per la nazione che ha organizzato il proprio dominio tra monti, acque e città gioiello. Dove si desidera già tornare prima ancora di partire.

Guido Barosio - Svizzera

 

 

(Foto di MARCO CARULLI)