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Lucerna e Ginevra, città d'acqua

Arte contemporanea e ristorazione d'eccellenza

di GUIDO BAROSIO

Autunno 2020

INDIPENDENTE E NEUTRALE PER ATTITUDINE STORICA, SPLENDIDA NEL SUO SCENARIO DI ACQUE, MONTI E PICCOLE CITTÀ D’AUTORE, LA SVIZZERA MERITA DI ESSERE VISSUTA ANCHE PER LE SUE RECENTI VOCAZIONI. UN VIAGGIO TRA LUCERNA E GINEVRA.

Il luogo migliore dove far nascere i propri figli. Questo potrebbe essere il claim di una piccola nazione – 41285 chilometri quadrati, meno di Piemonte e Lombardia messi insieme – dove non solo ‘tutto funziona’, ma, da sempre, la natura accoglie l’opera dell’uomo in un contesto da libro illustrato. In una fase storica complicata, e per certi versi preoccupante, non c’è niente come la Svizzera: stabilità economica inossidabile (la più solida d’Europa, garantita dalla presenza di 253 istituti di credito) con diverse punte di assoluta eccellenza – farmaceutica, orologeria e industria del cioccolato su tutte – un contesto ambientale rigorosamente tutelato, la presenza di quelle città piccole e medie dove, a livello globale, si concentra la più alta qualità della vita, uno scenario artistico e culturale sempre più qualificato, una ristorazione con il più alto numero di locali stellati pro capite d’Europa. Stabilità, sicurezza, art de vivre, natura, impossibile sottrarsi a un fascino che si coglie appena arrivati. Il contesto alpino domina il panorama, con ben 48 vette oltre i 4000 metri. Le acque decorano lo scenario, i laghi sono 1500 e la Svizzera dispone del 6% di tutte le riserve idriche del continente.

Le superfici forestali e boschive coprono il 31% del territorio nazionale. Urbanisticamente la Confederazione è la felice depositaria del concetto di microcapitale: la genesi federale, il relativo isolamento storico dei diversi centri, la vivace organizzazione imprenditoriale hanno portato alla creazione di città che non sono ‘provinciali’, nel senso di sottomesse a una metropoli dominante, ma piuttosto orgogliosi avamposti di cultura e civiltà, economicamente sanissime e mai subalterne, tutte diverse ma allo stesso modo simili nello spirito. Ognuna meritevole del viaggio e di una scoperta individuale. L’elenco, per quanto incompleto, raccoglie e propone: Berna, Zurigo, Losanna, Basilea, Ginevra, Lucerna, Lugano, Locarno, Montreux, Friburgo, Sion, Bellinzona, Vevey, Neuchâtel, San Gallo. Ogni anno riviste come Monocle e The Good Life stilano l’elenco delle città dove più vale la pena vivere, o altre graduatorie – le mete gourmand, le città d’arte, le capitali del design… – e sempre la Svizzera si piazza ai primissimi posti, sovente precedendo le grandi icone come Londra, Parigi, Barcellona e New York.

Se poi aggiungiamo che il 2020, per le ragioni di cronaca che tutti conosciamo, vede un significativo fenomeno di decentrificazione, con l’abbandono delle metropoli a beneficio di realtà più piccole e vivibili, il gioco è fatto: la Svizzera è la nazione del presente, probabilmente anche del futuro.

Nel nostro reportage vi proponiamo l’esplorazione slow di due realtà differenti nelle dimensioni e nella storia, ma accomunate da un rapporto con le acque che ne rende dolce e suggestiva la frequentazione.

 

Lucerna

Lucerna, capitale dell’omonimo cantone, gioiello di 81mila abitanti, di lingua tedesca, accarezzata dal fiume Reuss e dal Lago dei Quattro Cantoni, e Ginevra, affacciata sul Lago Lemano, 200mila abitanti, di lingua francese, la più internazionale e cosmopolita tra le città elvetiche.

Il contesto ambientale e panoramico di Lucerna è di ineguagliabile armonia: le cime dominano l’orizzonte, le acque del Reuss dividono la città in due e si immettono nel lago senza soluzione di continuità, i palazzi si alzano come una quinta teatrale, le giornate di sole (tante) accarezzano le facciate, impossibile non pensare a Joseph Mallord William Turner che, dal 1802 al 1844, visitò sei volte la Svizzera facendo sempre tappa a Lucerna. Il pittore che seppe rendere in modo evocativo come nessun altro il rapporto tra luce e natura dominante era stregato da questi luoghi, che dipinse a più riprese. Osservando i palazzi della città vecchia si ha l’indefinita sensazione che siano stati realizzati per affacciarsi nel paesaggio circostante, specchiandosi in esso. Il bello che fronteggia il bello, e tu cammini soddisfatto. Approdo strategico di tutto questo è il Kapellbrücke: un ponte pedonale coperto in legno, lungo 170 metri, vecchio di mille anni e perfettamente restaurato dopo il devastante incendio del 1993.

Collega la città nuova al centro storico attraversando il Reuss e conserva 110 pannelli in legno dipinti, di cui 25 originali del XVII secolo. Lo si percorre come un viaggio nel tempo, si sosta e si osserva; costruito per attività commerciali e difensive, sembra invece concepito come un belvedere, una postazione per fotografi indolenti e curiosi. Ma non commettiamo l’errore di considerare Lucerna una città museo, sonnolenta e adagiata nel proprio passato. Il piano strada del centro storico è affollato di store contemporanei, che niente hanno da invidiare a quelli di Berna e Zurigo. Nonostante la città sia turisticamente apprezzata, sono fortunatamente assenti i negozi di cianfrusaglie tutte uguali. Lucerna ha un suo stile, che in fondo non è cambiato dal Medioevo: commerci sulla via e, subito sopra, facciate magnifiche, in molti casi dipinte. In giro per la città vedrete numerose sedie colorate apparentemente disposte a caso: sono un investimento della municipalità a beneficio di residenti e visitatori. Volete riposarvi, chiacchierare con un amico, osservare comodamente uno scorcio panoramico? Facile, prendete una sedia e vi accomodate.

Le facciate affrescate di Lucerna

Dopo la lasciate lì, sicuri che qualcun altro ne approfitterà, magari spostandola. Semplicità e civiltà, un patrimonio di tutti. I due lungofiume, in particolare quello della città vecchia, offrono un contesto loisir che fa pensare al Mediterraneo: caffè coi déhors disposti verso le acque e ristoranti, tanti ristoranti, molti più di quanto possiate immaginare. Perché Lucerna ha un’anima gourmand che si è sviluppata autorevole su due fronti: quello più schiettamente tradizionale, ma ricco di nuove interpretazioni, e quello di ricerca, con sapori innovativi e attenzione alle cucine del mondo, Italia compresa. Il nostro primo approdo ci parla di storia, anzi di 500 anni di storia, tanti ne vanta la ‘casa dell’uomo selvaggio’ Wilden Mann, in tedesco – collocata in un ben preservato edificio dell’epoca. L’offerta comprende un hotel di charme – dove soggiornò anche Sofia Loren – un ristorante gastronomico – il Sauvage – e un approdo più tradizionale, la Burgerstube. Su tutto governa lo chef Simon Oehen, che ha ottenuto 14 punti sulla Gault Millau (seguitissima in Svizzera) al Sauvage, dove propone sapori mediterranei con evidenti influenze francesi. Ma quello che più ci ha convinto delle sue scelte è l’approccio alla robusta cucina locale: approccio schietto e ricerca filologica. Da manuale il suo pie di carne con verdurine e uva passa trattata col cognac, un piatto cinquecentesco ingentilito con misura.

Sulle rive del Lago dei Quattro Cantoni – a pochi chilometri da Lucerna – esercita le sue arti Fabian Inderbitzin, 17 punti Gault Millau e una stella Michelin dal 2011 nel suo Seerestaurant Belvédère. Uomo di poche parole, Fabian è uno chef che lascia parlare i piatti in modo assai eloquente. Appena il tempo di godersi una cornice idilliaca, col lago spalancato davanti e i monti a cingerti le spalle, che inizia un rito gourmand dove tutto concorre alla serenità, e non solo quella dello spirito. Il menù ideale prevede una portata di pesce di lago, impeccabile il filetto di trota svizzera di fiume, e una carne di prossimità, vitello o maiale, dalla morbidezza altrettanto impeccabile. Si chiude col cioccolato, e non potrebbe essere altrimenti. Non c’è bisogno di fuochi artificiali, al Belvédère vince la misura, l’equilibrio, l’intuito reso apparentemente semplice dalla tecnica.

Michèle Meier non ha ancora 40 anni e presto si parlerà moltissimo di lei. Il luogo che la ospita – il KKL, edificio iconico della Lucerna contemporanea, centro congressi, teatro, museo e tanto altro, concepito da Jean Nouvel – è perfetto per il Lucide, uno di quei ristoranti dove il domani non si intravede, ma si comincia davvero a gustare.

Il KKL di Jean Nouvel, ‘casa’ del Lucide

Le composizioni di Michèle seguono una regola semplice, ma che potrebbe essere una montagna da scalare: un tema principale (anatra, entrecôte, polipo…) e un contorno che è una vera e propria portata in accordo con la prima, e si va dal risotto (perfetto) al giardinetto mediterraneo, che così non lo gusti neanche in Provenza. I menù sono solo due – ce n’è sempre uno vegetariano – e poi decide tutto lei. A questo aggiungiamo un amore dichiarato per la cucina italiana e piemontese in particolare: usa quasi esclusivamente carne fassona e il suo vitello tonnato (servito con bocconcini di tonno) vale da solo la visita. Non c’è ancora la stella? Arriverà, altrimenti sbagliano loro.

Un viaggio in Svizzera non lo è per davvero se non si prova il cioccolato. E così anch’io – che pur non stravedo per questa icona dell’arte dolciaria – mi sono cimentato nell’esperienza proposta da Max Chocolatier, leggenda locale, piccolo e aristocratico atelier. Il negozio/ laboratorio sembra una gioielleria, e una rapida occhiata ai prezzi conferma la sensazione. Però, amici gourmet, ne vale la pena. Tra le tavolette in esposizione, buone e preziose, scegliete senza indugi il Java: fondente perfetto, sapore nitidissimo, nessun retrogusto, un gioiello da meditazione. L’esperienza da Max si completa coi suoi mini corsi di cioccolateria. L’ospite viene accolto, informato su varietà e procedure, poi invitato (e accompagnato) nella creazione del suo cioccolato ideale. Si esce felici come bambini, con la propria tavoletta tra le mani, talmente sorpresi che quasi non si ha voglia di mangiarla.

Le opere di Max Chocolatier

Tra i musei di Lucerna ce n’è uno diverso da tutti gli altri: la Rosengart Collection, dove potrete godervi una magnifica selezione di Picasso (30 opere), Paul Klee (addirittura 100) e altri 23 artisti dall’impressionismo al modernismo classico. Angela Rosengart, 88enne fondatrice di questo formidabile museo personale, amica di Pablo Picasso (che la ritrasse sei volte), è per la Svizzera quello che Peggy Guggenheim rappresenta per Venezia e New York. Collezionista e mecenate, racconta che da adolescente barattò con il padre un vestito nuovo per una tela di Paul Klee. E fu l’inizio di tutto. La sua fondazione ha qualcosa di più di un museo, di un bellissimo museo, perché rivela il gusto e la personalità di Angela: è il percorso di ricerca, unico e irripetibile, di una signora dell’arte che ha voluto rendere il mondo partecipe di quello che la sua formidabile fortuna le ha permesso di selezionare e raccogliere. Di sala in sala si incontrano – tra i tanti – Paul Cezanne, Marc Chagall, Wasilij Kandinskij, Henri Matisse, Joan Miró, Amedeo Modigliani, Claude Monet, Pierre Auguste Renoir, Maurice Utrillo, i già citati Paul Klee e Picasso. Unico rischio dopo tanta bellezza: vincere a fatica la sindrome di Stendhal.

La Rosengart Collection

Lasciata la Lucerna dell’arte e dei sapori, è il paesaggio a richiedere attenzione. Monti e acque, anzi monti più acque o viceversa, perché i due elementi sono indissolubili, li vedi sempre entrambi, il gioco dei colori e degli spazi li accosta in continuazione senza dividerli mai. La crociera sul lago è un classico, se non si scende ha una durata di neanche due ore, e i battelli partono ininterrottamente di fronte alla mole del KKL. Potrebbe sembrare quasi un dovere per ogni viaggiatore, un’attrazione turistica tra le tante. Invece non è così, la Svizzera vista dall’acqua rivela a meraviglia il suo stile di vita rilassato e intimamente connesso con la natura. Ogni edificio ha un senso, molti sono bellissimi, in estate le rive vengono vissute come una spiaggia, i bagnanti sono numerosi, le barche ancora di più. Idillio è sicuramente la parola giusta per sintetizzare il tutto. In alto il panorama è dominato dalla sagoma possente del monte Rigi – la ‘Regina delle Montagne’, alto 1798 metri, tanto amato da Turner – e del Pilatus, 2128 metri, dove ci aspetta l’esperienza più spettacolare del nostro viaggio. Antiche leggende e prospettive mozzafiato, una funivia dove hai l’evidente sensazione di volare, la cremagliera più ripida al mondo, la vetta che balza verso il cielo ma si raggiunge con un’agevole passeggiata, il panorama a 360 gradi dove individuare, come in una mappa, Lucerna, il fiume Reuss e il Lago dei Quattro Cantoni, declivi verde smeraldo e piccoli borghi, altre vette, tante altre vette, un mondo che ti sembra di toccare con un dito.

Tutto questo è il monte Pilatus, quello che non si può facilmente descrivere è l’emozione che si prova affrontando una vera montagna con tanta leggerezza, una vera montagna che si raggiunge – per iniziare a salire – con neanche mezz’ora di tram dal centro di Lucerna. Dicevamo leggende, come quella legata al drago che avrebbe abitato – con una compagnia di spiriti – il sito in tempi antichissimi, acquartierato tra i crepacci più brulli. Storia, ma molto molto leggendaria, quella che vuole Ponzio Pilato trovare pace dalle sue malefatte proprio in questo luogo, tra il lago e le vette. Oggi il presente è invece un’esaltazione dell’ingegneria umana, elvetica in particolare, perché la funivia, che ti proietta rapida verso l’alto nella sua cabina di cristallo, e la ripidissima cremagliera consentono di salire e scendere in totale sicurezza. L’ascesa in particolare toglie il fiato, mentre il panorama si spalanca sotto i tuoi piedi e sorvoli, sfiorandoli, severi balzi di roccia. Forse i cinque minuti più lunghi che si possano immaginare. In alto gli edifici sono concepiti per assecondare la roccia senza turbare il contesto, ben mimetizzati si trovano due hotel e altrettanti ristoranti. Camminamenti e sentieri sono perfettamente indicati, si può dedicar loro mezz’ora ma anche l’intera giornata. Prima di lasciare Lucerna, un suggerimento per il soggiorno. L’Hotel Monopol è un quattro stelle dalla facciata Belle Époque, con interni semplici e confortevoli; strategico per tutto (stazione compresa), permette di arrivare al centro storico in pochi minuti. Spettacolare il lounge bar dell’ultimo piano che si arrampica tra le cupole.

L’Hotel Monopol a Lucerna

 

Ginevra

Fondata dai Romani, a lungo sabauda, per qualche tempo francese, indipendente per storia e vocazione, Ginevra entrò a far parte della Confederazione Elvetica – ultimo tra tutti i cantoni – solo nel 1812. Nel corso del XX secolo ha sviluppato una vocazione al dialogo e al confronto che l’ha portata a diventare la città più internazionale del pianeta. L’atto costitutivo di questo movimento avvenne nel 1863, con la fondazione del Comitato Internazionale della Croce Rossa. Attualmente Ginevra ospita la seconda sede delle Nazioni Unite dopo New York, 40 organizzazioni internazionali, 400 ONG, 178 tra stati membri e osservatori dell’ONU, 18 delegazioni di organizzazioni quali l’Unione Europea, la Lega Araba e l’Unione Africana. Significativa anche la presenza del CERN (Organizzazione Europea per la Ricerca Nucleare) e dell’OMC (Organizzazione Mondiale del Commercio). Tutte eccellenze che hanno portato alla conquista di ben 19 premi Nobel.

Il quartiere internazionale di Ginevra

Il quartiere internazionale della città si sviluppa di fronte al Palazzo delle Nazioni – imbandieratissima sede dell’ONU – e ha per simbolo la Broken Chair (sedia rotta): opera dell’artista Daniel Berset e del falegname Louis Genève, è stata costruita con 5,5 tonnellate di legno ed è alta 12 metri. L’intera area alterna parchi a edifici di grande impatto architettonico.

Il Palazzo delle Nazioni Unite

 

La Broken Chair di Ginevra

Meritano particolare attenzione la Maison de la Paix, costituita da edifici interconnessi che formano un fiore con i suoi petali, tutti alimentati da luce solare, e l’imponente JTI – l’Istituto Giapponese per il Tabacco – dalle immense vetrate a specchio. È la Ginevra ‘cuore del mondo che dialoga’, rilassata, green, autorevole, a metà strada tra Central Park e una city del nuovo millennio.

La Maison de la Paix a Ginevra

Decisamente più classico il centro, che si apre, su entrambe le rive, alla confluenza tra Rodano e Lago Lemano. Mercer (Quality of Living Survey) pone Ginevra (insieme a Zurigo e Basilea) tra le dieci città più vivibili al mondo. Facile capire perché: traffico intenso ma lieve, atmosfera mediterranea con ampie passeggiate che accompagnano le rive, il centro storico che sale verso la cattedrale di San Pietro, negozi e commerci evidentemente fiorenti. L’icona più spettacolare della città è il ‘Jet d’eau’: 140 metri d’acqua sparati verso l’alto con un gesto di fierezza e identità. Visibile da ovunque, l’anomala fontana venne concepita a fine Ottocento come valvola di sicurezza per il sistema idrico cittadino.

Il Jet d’eau a Ginevra

Il suo contesto internazionale, e la proverbiale passione ginevrina per la cultura, sono evidenti nelle numerose istituzioni cittadine: musei, fondazioni, magnifici teatri. Meritano particolare attenzione: il MAMCO, dedicato all’arte contemporanea, suggestiva interpretazione di un fabbricato industriale, grandi spazi luminosi per accogliere le opere; l’emozionante Museo Etnografico, concepito dagli architetti Marco Graber e Thomas Pulver, ospita le arti del mondo nella grande sala allestita come un viaggio nel tempo e nello spazio; il Museo Patek Philippe, per comprendere come l’orologeria sia scienza e design, lusso e moda in continua evoluzione; la Fondazione Martin Bodmer con l’annesso museo, il tempio dei libri più belli e preziosi del mondo (sono conservati 160mila volumi in 80 lingue), concepito dall’archistar Mario Botta; tra i teatri di Ginevra il vero gioiello è la sala della Victoria Hall, acustica perfetta e magnifico allestimento ottocentesco, la pagina di un libro di fiabe dove lasciare che le note drappeggino la meraviglia, e dove il 19 novembre si esibirà sua maestà Nigel Kennedy, tra i massimi violinisti del nostro tempo, forse trovate ancora un biglietto online.

Carouge confina con Ginevra ed è un mondo a sé stante: atmosfera da villaggio, case basse con porticati in legno sui diversi piani, giardini interni, stile rilassato e alternativo, attività commerciali di valore e di prossimità, dove vince l’artigianato, il brocante d’autore, l’abbigliamento originale concepito in loco. Carouge sembra una repubblica indipendente e un poco lo è.

Il centro storico di Ginevra

Storicamente questo era il villaggio dei cattolici e degli ebrei in un territorio dominato dai protestati, più tardi arrivarono gli anarchici e gli alternativi di ogni dove. Tutti ricordano l’anima rivoluzionaria della ‘rivolta della birra’: quando il governo impose un limite ai boccali che si potevano consumare e gli abitanti del Carouge semplicemente realizzarono boccali più grandi. Oggi l’amministrazione pone una grande attenzione all’ambiente, alla sostenibilità e al riciclo. Se un elettrodomestico si guasta gli abitanti vengono messi in contato con gli artigiani per ripararlo e hanno 50 euro di bonus da spendere. Tra queste viuzze incantate respirerete un’atmosfera bohémienne ma schietta, perché Carouge bohémienne lo è sempre stato. Tra i possibili punti di interesse suggeriamo una visita all’atelier orologiaio di Jean Kazès, che realizza uno per uno prototipi fantasiosi da collezione. La migliore fondue la potrete invece gustare da Au Vieux Carouge (tel. 022.3426498, nessun sito internet), un viaggio nel tempo e nei sapori.

L’artista orologiaio Jean Kazès

Parlando della ristorazione gourmet restiamo nel Carouge per approdare a Le Flacon: curato ambiente bistronomie con cucina a vista, una stella Michelin, servizio impeccabile (con giovane sommelier italiana), sapori di ricerca che prendono spunto dai piatti regionali e dalla cucina mediterranea. ‘Ivresse des sens’ (ubriacatura dei sensi) è la filosofia dello chef Yoann Caloué, figlio del Carouge e presenza cinematografica. L’opzione migliore in carta è il menù Ivresse di sette portate: stupore, originalità e misura in tutti gli assiette. Si spazia dai pesci del Lago Lemano ai tortellini coi funghi, dal merluzzo coi fiori di zucchini al taglio di ‘chanterelle’ con crema di patate e zabaglione all’estragone. Un vino (Svizzera, Francia, Italia) per ogni piatto, un vino migliore dell’altro.

Yoann Caloué a Le Flacon

A Ginevra – forse l’avrete intuito – si mangia benissimo, e si possono gustare tutti i sapori del mondo. Nel quartiere Paquis, che porta dalla stazione al lago, in pochi isolati abbiamo visto due ristoranti etiopi, altrettanti italiani, uno vietnamita, uno portoghese e uno galiziano. E questo senza neanche cercarli. Ed è proprio in zona che va assolutamente provato, prenotando con ampio anticipo, il ristorante più originale del nostro viaggio. Si chiama L’Aparté, contrazione francese della parola appartamento, e gioca sul concetto di proposta domestica: come in una casa i coperti sono limitatissimi (15 in tutto per un pugno di tavoli) e come in una casa non si ordina nulla, fa tutto lo chef. Però questa non è una casa normale: gli arredi sono tutti pezzi d’arte contemporanea (sobri ma elegantissimi) e riflettono il gusto estetico di Armel Bedouet (francese, lo chef), la cucina è minimalista ma con sapori veramente preziosi. Noi abbiamo provato saintpierre e aragostine, una ‘traversa’ di maiale di morbidezza ineguagliabile, e un carpaccio di pesche con sciroppo di timo da manicomio. Andateci, vale il viaggio.

Nelle strette vicinanze di Ginevra, a Satigny, il protagonista incontrastato della cucina è Philippe Chevrier, semplicemente una leggenda: due stelle Michelin dal 1994, un impero gastronomico con almeno altri dieci locali, addirittura un battello per crociere gourmet sul Lago Lemano. Il suo Domaine de Châteauvieux, relais con camere, ristorante e vigneti a circondare il tutto, è un angolo di Borgogna trapiantato in Svizzera. Il motto della maison è ‘il gusto delle sensazioni’. Niente di più vero: fantasia e controllo, perfezione in ogni accordo, ma anche anima, curiosità e voglia di esplorare. Philippe dichiara così la sua filosofia: «Io punto a mantenere il mio status. Per questo da noi tutto deve essere impeccabile e rispondere alle aspettative degli ospiti. Le sorprese le riservo agli altri locali, a quelli che ho appena aperto, dove i clienti cercano la novità». Quando chiedo cosa gli piaccia di più in giro per il mondo, non ha dubbi: «Mi piace la cucina americana per la carne e per il modo di cucinarla. Ma adoro l’Italia e la pasta fresca. Il mio piatto preferito? Il bollito misto piemontese, insuperabile». Merci monsieur Philippe.

Philippe Chevrier durante l’intervista

Tornando in centro città vale una sosta il Café du Centre, per comprendere come Ginevra sappia cannibalizzare ogni formula gastronomica rendendola propria. Qui, tra camerieri svolazzanti e tavolini affollati, sembra di essere al Café de Turin di Nizza. Medesimo stile e identiche le proposte con coquillage di ogni ordine e grado. Qualità analoga. Un suggerimento per il soggiorno anche sul Lago Lemano. L’Hotel President Wilson non è esattamente in centro – si impiegano 20 minuti a piedi, ma la stazione è comodissima – però sembra di essere al mare: spiaggia proprio di fronte e piscina all’aperto riscaldata. Il servizio è di altissimo profilo, la cucina, che si è portata a casa una stella Michelin, altrettanto.

L’hotel President Wilson

La Svizzera è il paese dei treni, le difficoltà dettate dalla geografia hanno prodotto un sistema ineguagliabile che, con tratte anche spettacolari, permette di arrivare ovunque. Le tempistiche sulle coincidenze sono di precisione sempre sorprendente, con cambi sul filo dei minuti implacabilmente puntuali. Lo Swiss Travel Pass permette di viaggiare liberamente in treno, autobus, battello e mezzi pubblici, in più ingresso gratuito a quasi 500 musei. Da scegliere a occhi chiusi. Nell’ultimo anno il mondo si è ristretto, ma per fortuna la Svizzera è vicina. Forse non ci farete mai nascere un figlio, però il vostro prossimo viaggio merita di essere rossocrociato.

 

I musei da visitare

Rosengart Collection, Lucerna

MAMCO – Musée d’Art moderne et contemporaine, Ginevra

Museo Etnografico, Ginevra

Museo Patek Philippe, Ginevra

Fondazione Martin Bodmer, Ginevra

Victoria Hall, Ginevra

 

I ristoranti e caffè da non perdere

Wilden Mann, Lucerna

Sauvage, Lucerna

Burgerstube, Lucerna

Seerestaurant Belvédère, Lucerna

Lucide, Lucerna

Max Chocolatier, Lucerna

Le Flacon, Ginevra

L’Aparté, Ginevra

Domaine de Châteauvieux, Ginevra

Café du Centre, Ginevra

 

(Foto di MARCO CARULLI)