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Torino ai tempi del tennis

Le ATP Finals, un'opportunità per la città

di TOMMASO CENNI

Inverno 2021

TORINO AI TEMPI DEL TENNIS È UNA CITAZIONE (PARAFRASATA) DA UN ROMANZO IMMORTALE, È LA RICERCA DI POESIA IN UN EVENTO CHE NON È SOLO UNA MANIFESTAZIONE SPORTIVA MA DECISAMENTE MOLTO DI PIÙ. È UN'OPPORTUNITÀ, UNA SLIDING DOOR, UN TUFFO NEL PASSATO E NEL FUTURO. TORINO SI SPECCHIA NEL SUO TENNIS COME IL PALA ALPITOUR SI SPECCHIA NELLE FONTANE DI PIAZZA D'ARMI, E SI VEDE BELLISSIMA

«Quando ho cominciato a giocare a tennis ero come la maggioranza dei ragazzini: non sapevo chi ero. Mi ribellavo al fatto che fossero i grandi a dirmelo. Penso che i grandi facciano sempre questo errore con i giovani, trattandoli come prodotti finiti quando in realtà sono in fieri. È come giudicare un match prima che si sia concluso e io ho recuperato troppo spesso e ho subito troppe furiose rimonte per pensare che sia una buona idea», scrive Andre Agassi in Open.

Nole Djokovic

Torino, dopo il Grande Torino, dopo la sua età industriale, dopo la Juve che vince, sprofonda e risorge, dopo le Olimpiadi e il grigio (quello in verità c’è un po’ da sempre), si è ritrovata anzitutto spaesata. Torino, per chi ha più di venticinque anni e meno di settanta, ha sempre avuto un po’ questa sembianza: sicura d’essere qualcosa, ma non propriamente certa di cosa.

Fan Village in piazza San Carlo

Torino che cerca un’identità da mezzo secolo, che toglie i veli delle fabbriche e si scopre bella, con le piazze e l’eredità sabauda. Torino che costruisce i poli della cultura nuova e si ritrova improvvisamente città universitaria e d’arte e di musica. Torino che inventa le auto, da sempre ancorate al suolo, poi alza gli occhi al cielo e progetta la conquista dello spazio insieme ai top globali. Torino che esporta, e a volte si dimentica, le sue eccellenze gastronomiche ed enologiche nel mondo. Torino che colora la sua anima sportiva, e non solo di bianco, nero e granata. Torino che scopre di amare il tennis e che i tennisti la riamano (come da dichiarazioni di Djokovic e Zverev). A guardarla così non ci dispiace questa identità: ritrovata, variegata e dinamica come uno scambio sotto rete. Chissà se qualcuno ha mai immaginato la nostra città così: totalmente innamorata di una racchetta e di una pallina…

Lorenzo Sonego e Andrea Vavassori con due piccoli fan

A dirla tutta, in realtà sì. Ci avevano già pensato i nobili piemontesi a fine ‘800 che, come sempre è capitato, avevano preso spunto dalle attività sportive degli inglesi in villeggiatura o visita. I marinai inglesi giocavano al pallone nel porto di Genova, e nasceva il Genoa Football & Cricket Club; a Torino, invece, i nobiluomini d’oltremanica praticavano il tennis, e sorgeva il Lawn – Tennis Club sulle rive del Po. La platea inizialmente comprendeva più che altro i nobili, inclusi gli stessi componenti della famiglia reale, poi si allargò; e dal 1905 Torino conobbe ufficialmente il suo secondo circolo, il New Tennis Club di via Fanti e via Avigliana.

Il campo da tennis dimostrativo in piazza San Carlo

Il tennis a Torino, ormai tennis e non più trincotto (o pallacorda), tra fine ‘800 e inizio ‘900 era quindi questo: una bella novità per nobili e ricchi, esplosa in diversi e variegati punti della città, e pur sempre legata all’importazione britannica (vedi il termine lawn, tradotto come “prato”, ulteriore specifica della superficie di gioco). L’entusiasmo della prima ora conobbe però un futuro molto meno roseo dell’auspicato, specie a causa dei preparativi per la grande Esposizione internazionale dell’industria e del lavoro del 1911, che aveva cuore pulsante proprio al Valentino e sottrasse parecchio spazio ai circoli del lungofiume. La guerra, poi, senz’altro non aiutò e il tennis torinese, colpito da più fronti, si spostò (o meglio venne deportato) allo Stadium 1911, opera monumentale di ingegno e assurdità.

Le copie di Torino Magazine e il Piemonte esposte alla City Lounge di Gattinoni

Chiamato così perché costruito nel 1911, completamente in cemento armato, lo Stadium fu il primo stadio d’Italia con impianto di illuminazione elettrica. Proprio accanto a piazza d’Armi nacque questo gigantesco “mostro” dal fascino polifunzionale ma dalla scarsa praticità; casa, nei progetti, dello sport torinese per la gloria razionale della città. In sostanza, mai davvero apprezzato perché scomodo, anacronistico, più utile per parate militari che per godere dello sport.

Pala Alpitour

Insomma, non la casa ideale per il tennis cittadino, ma comunque struttura ospitante della prima appari- zione della Coppa Davis a Torino, nel 1931, in occa- sione di un mitico trionfo per 3 a 0 dell’Italia sui Paesi Bassi. Nel 1946 lo Stadium verrà definitivamente demolito, e quindi gli incontri in città si disputeranno al Circolo della Stampa, inaugurato nel 1941, fin da subito con una seria vocazione tennistica. Allo Sporting Pietrangeli vincerà gli Internazionali d’Italia del 1961 battendo in finale l’australiano Rod Laver e, sempre qui, nel ’66 trionferanno in Fed Cup le americane guidate dalla leggenda Billie Jean King. La Coppa Davis tornerà a Torino nel 2013, stavolta al PalaVela figlio di Italia ’61, per poi trovare casa nuova, di grande prestigio, proprio al Pala Alpitour, ieri PalaIsozaki, in onore del suo ideatore.

Il mese è aprile, l’anno è il 2019: il circuito ATP ufficializza Torino come città per le proprie Finals. Cinque anni in cui Torino, a partire dal 2021, sarà sede, una settimana all’anno, delle ATP Finals; quel torneo in cui si sfidano gli otto tennisti migliori al mondo e stabiliscono il Master dell’anno. In questo momento cambia in maniera assoluta il rapporto tra Torino e il tennis: di fronte due anni di lavoro per arrivare pronti all’evento, una pandemia non ancora immaginata e la consapevolezza di aver trovato nell’era post Olimpiade un altro di quei rigori (pardon, una volée) da non sbagliare.

Inizia quindi il gioco delle parti: largo a detrattori, progetti iperbolici, pessimisti, inguaribili romantici. Con grande calma, il Pala Alpitour comincia la sua mutazione in casa del tennis mondiale, cambia di abito, nascono le iniziative più variegate, sorge una nuovissima lounge presso la Sala Codici del Museo del Risorgimento, nata per ospitare gli incontri degli Exclusive Brands Torino, ventiquattro aziende simbolo delle eccellenze torinesi. E poi i titoli sui giornali nei bar, i ristoranti che pensano a menù per turisti (miraggio), le code fuori dal Principi di Piemonte in attesa delle star. In piazza Castello la neogiunta scoperchia il velo che occulta il simbolo della nuova “Torino So Much” e annuncia una stagione di entusiasmi; sotto la pioggia, segno che toccherà sudarcele tutte queste soddisfazioni.

L’ingresso al Museo del Risorgimento

Torino So Much of Everything in piazza Castello

Impermeabili a ogni ostacolo, gli addetti smontano e rimontano piazza San Carlo, che, per il weekend di apertura delle Finals, si scopre villaggio del tennis (e non solo) con addirittura un campo dimostrativo all’ombra delle due chiese gemelle.

Lorenzo Sonego, torinese, tra i tennisti italiani più forti di oggi, fa il padrone di casa: parla e gira per piazza San Carlo, anche lui stupito di quanto Torino possa amare questo gioco. Un amore più che leggibile anche nel calendario di eventi che il salotto di Torino ha organizzato, una carrellata di nomi da dream team: Peppe Poeta, Martina Rosucci, Claudio Marchisio, Elena Barolo, Marco Ponti, Luca Bianchini, Paolo Pininfarina, Davide Scabin, Matteo Baronetto, Ugo Nespolo e tanti altri. In via Roma mezza città paparazza i campioni a passeggio (perfino noi lo abbiamo fatto), in una passerella certamente non casuale. Anche chi non se n’era accorto, ora non può farne a meno. Gli alieni sono in città, sembrano il cast di un film che non puoi non vedere; tangibili sui nostri marciapiedi, ma allo stesso tempo eterei, lassù nell’Olimpo dei più forti.

Sporting Torino, primo giorno di allenamenti

Ecco, possono iniziare ufficialmente le Finals. Non prima, però, di una serata/evento gastronomica alla Nuvola Lavazza, protagonisti: Matias  Perdomo del Contraste di Milano, Maurilio Garola de La Ciau del Tornavento, Christian & Manuel Costardi, alias Costardi Bros, Marcello Trentini di Magorabin, Fabrizio Tesse del Carignano e il pastry chef Fabrizio Racca. Chi, invece, si dedicherà alla cura del- l’accoglienza durante tutte le ATP è Gattinoni, tour operator ufficiale delle Finals. Rimarchevole la sua City Lounge di via Cesare Battisti 1, nel cuore del centro, con raffinato punto ristoro e navette da e per la venue.

Alexander Zverev

Jannik Sinner

Daniil Medvedev

Ma torniamo al tennis. I giorni tra il 14 e il 21 di novembre sono quelli degli incontri, dell’infortunio e delle lacrime di Matteo Berrettini, dell’esordio in sostituzione di Jannik Sinner, del tifo da stadio per gli italiani, del genio inossidabile di Nole Djokovic, della rabbia di Medvedev, di uno stupendo Alexander Zverev che a 24 anni gioca e vince come fosse un veterano. Molti in questi giorni imparano le regole del gioco, altri aspettavano fin da piccoli di poter vedere il grande tennis nella propria città. Torino è un palco, e a dimostrazione della rilevanza dell’evento, gli attori ospiti sono da gran gala: da Valentina Vezzali a Zlatan Ibrahimović, da Cri- stina Chiabotto a mezza Juventus. Per una settimana il Circolo della Stampa si trasforma nel centro d’allenamento per gli otto tennisti più forti del mondo. Diventa la seconda casa per loro e per team, famiglie e addirittura cani al seguito. Blindato per garantire sicurezza a ogni livello e tanta serenità: una dimora a misura d’uomo, ma anche completa di ogni servizio. Campi nuovi di pacca e tribuna da duecento posti per godersi gli allenamenti, le smorfie, le parole altrimenti sempre  sopite,  degli otto fenomeni; vicinissimi e ben disposti a esserlo perché coccolati dal contegno sabaudo dello Sporting e dei suoi ospiti. Una possibilità inedita  nella storia delle Finals, un doppio evento,  oltre  alle gare del Pala Alpitour, ripreso dalla diretta quotidiana delle troupe di Sky. Il vero salotto “tecnico” del tennis  torinese.

Col senno di dicembre, in questa settimana il tennis paradossalmente ci ha restituito una Torino “normale”. Una città nuovamente sorridente ma pur sempre sabauda. Con le vie del centro affollate, i ristoranti tutti prenotati, le parole straniere nelle piazze perché sono tornati i turisti. Ce la ricordavamo così, Torino: in grado di scorrere e vivere immersa nello spettacolo di qualcosa di grande, preferibilmente internazionale. E così si giocano le Finals all’interno del Pala Alpitour, con le code in piazza d’Armi e lo stand della Lavazza che serve i caffè, ma nel frattempo la città brulica di differenti moti umani, si accendono le Luci d’Artista e ci consegnano un Natale in anticipo, in cui il regalo è questa vitalità. Il regalo è una Torino ai tempi del tennis, di cui si innamora grazie alle ATP Finals e alla Coppa Davis, della quale ospita i gironi D ed E (quello dell’Italia). Una Torino che Alexander Zverev, fresco Master della competizione, dice «più bella di Londra», dichiarando tutto il suo amore per il capoluogo piemontese.

Torino Magazine alle ATP Finals

Adesso che i giochi di tennis, entusiasmi e luci sono stati sostituiti da quelli natalizi, possiamo respirare e guardare indietro a Torino e al suo tennis, giusto un attimo perché tra un anno saremo nuovamente qua, e guai a pensare di poter campare di rendita. Iniziative e progetti sono, come è giusto che sia, in fieri, in evoluzione, e commetteremmo un grave errore a pensare che la partita si vinca al primo set, Agassi docet. Il tennis è crudele ma in fondo onesto, per vincere ti porta fino al fondo, e se anche hai dato tutto per tre ore, non è detto che tu vinca, occorre aspettare l’ultimo maledetto punto.

Siamo sicuri che Torino sarà all’altezza della sfida, perché per amore si fa questo e altro; e noi saremo pronti a raccontarla ancora.

 

(Foto di MARCO CARULLI, FRANCO BORRELLI, CIRCOLO DELLA STAMPA – SPORTING e COMUNE DI TORINO)

 

Le pagelle

La venue: 9

Il Pala Alpitour è la migliore struttura polivalente d’Europa. Perfetta per tennis, basket, volley, hockey, concerti e musical. Le ATP Finals hanno trovato una location che non avrebbe potuto essere migliore: visibilità perfetta da ogni posizione, impianto luci e audio emozionante, campo da gioco perfetto. Queste sono le fondamenta per le prossime edizioni e per tanti altri eventi che vedranno Torino protagonista, a partire da Eurovision. Quando ci si aggiudica un grande appuntamento è innanzitutto le sede che conta, prima del marketing e della politica. E noi, senza il Pala Alpitour, saremmo stati alla finestra.

Gli eventi collaterali: non pervenuti

Niente di quello che ci si aspettava è avvenuto. Nessun concerto, nessuna animazione, nessun appuntamento che coinvolgesse Torino sul tema tennis. Si evita il votaccio per due concomitanze fatali: la situazione di incertezza generata dall’evoluzione della pandemia e l’avvicendamento delle due amministrazioni comunali, che hanno lasciato il vuoto proprio nelle settimane clou. Per il prossimo anno ci aspettiamo uno scatto in avanti, e una programmazione su tempi adeguati.

Gli atleti: 8

Signore e signori, questo è il tennis moderno, quello del presente e quello del futuro. A Torino è andato in scena un evidente cambio generazionale, tramontate le stelle di Federer e Nadal, si sono affermati i ventenni: Zverev, Medvedev, Rublëv, Sinner, Berrettini. Tutta gente che spara servizi a più di 200 all’ora e può farlo per 180 minuti. Poche discese a rete, tanta concentrazione e cura meticolosa per ogni minimo dettaglio. Djokovic (34 anni) è il presente, ma comincia a perdere terreno. Infatti non va in finale e Torino adotta Zverev, amato dal pubblico di casa come fosse nato in Vanchiglia.

Il giallo dei biglietti: 3

Una vicenda farlocca che si sarebbe potuto e dovuto evitare a ogni costo. La capienza ridotta all’ultimo ha penalizzato tanti torinesi, ma ancora di più chi arrivava da lontano, con trasferte programmate da tempo. Nessuno è esente da colpe, ma il CTS è il maggiore responsabile di una decisione surreale. Mentre i cinema e i teatri hanno l’agibilità al 100% il Pala Alpitour, con volte degne di una cattedrale, può solo arrivare al 60, per l’amarezza (eufemismo) di tanti appassionati. Inoltre, almeno il primo giorno, bastava avventurarsi all’ingresso per passare comunque. Qualcuno sì, altri no. Una brutta pagina di fronte a un pubblico globale, che non ha fatto certo bene alla reputazione della città, peraltro incolpevole.

La ricaduta economica: 6

Le previsioni dell’ex assessore Sacco – che peraltro prevedeva anche un centinaio di eventi a sostegno, rimasti una chimera – erano, a maggio, di ricadute per 120/150 milioni di euro. Ad ATP Finals concluse i dati dell’Osservatorio di Turismo Torino e Provincia ci consegnano invece la cifra di 10 milioni. Cocente delusione? Sicuramente no, le previsioni erano sproporzionate, mentre il dato finale è accettabile, incoraggiante in prospettiva. L’anno prossimo gli eventi ci saranno e la macchina organizzativa potrà finalmente decollare. Intanto abbiamo l’identikit degli appassionati giunti a Torino: 36/50 anni, interessi per sport, natura, cultura, enogastronomia. Partiamo di lì.

Media e brand reputation: 8

Quella scritta “Torino” ai margini del campo di gara ha fatto il giro del mondo. L’evento è stato recepito, come da tradizione per le ATP, dai massimi broadcast internazionali. Gli articoli – carta stampata e web – hanno valorizzato la città e in particolare la venue. Da novembre le quotazioni del Pala Alpitour come meta per grandi eventi sono schizzate verso l’altro. E nel 2022 ci sarà anche Eurovision. La copertura “integrale” di Sky e le dirette RAI hanno fatto il resto. Quando Torino si espone, Torino piace. Ed è un investimento per il futuro.

La risposta della città e del pubblico: 9

Torino non ha perso il gusto per i grandi eventi, anzi. Curiosità e interesse non sono mancati, anche in assenza di un progetto metropolitano diffuso. Che la città merita, con un coordinamento che punti sulle eccellenze del territorio. Il torinese, anche il meno preparato sul tema, si è avvicinato curioso alle ATP Finals e ha affollato il Pala Alpitour compensando la mancanza di stranieri. Gli spettatori si sono rivelati calorosi e appassionati, senza limitarsi a sostenere solo gli italiani. Il feeling coi magnifici otto si è manifestato spontaneamente, ricambiato dai campioni, felici per la nuova sede.